Il delitto Lidia Macchi e la lettera anonima, in aula le perizie su grafia e pagina

L'accusa punta su gli esperti per inchiodare Stefano Binda

Stefano Binda è in carcere (Newpress)

Stefano Binda è in carcere (Newpress)

Varese, 25 maggio 2017 - Omicidio Macchi: domani il giorno dei periti e degli amici che trovarono il cadavere della ragazza il 7 gennaio 1987. Nuova udienza del processo che vede Stefano Binda, 49 anni, di Brebbia, imputato per l’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa varesina assassinata con 29 coltellate nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987 e ritrovata nella mattinata del 7 gennaio da una delle squadre di ricerca volontarie composte dagli amici della ragazza al limitare dei boschi del Sass Pinì di Cittiglio.

Binda, ex compagno di liceo di Lidia, che secondo l’accusa aveva una relazione sentimentale profonda con la vittima, è stato arrestato il 15 gennaio 2016 con l’accusa di aver violentato e ucciso la ventenne. Domani nell’udienza davanti alla Corte d’Assise presieduta da Orazio Muscato sarà analizzata una delle prove cardine dell’accusa, la lettera “In morte di un’amica”, missiva anonima recapitata a casa Macchi il 10 gennaio 1987, giorno delle esequie di Lidia, che per gli inquirenti conterrebbe rimandi all’omicidio e che quindi potrebbe essere attribuita all’assassino oppure a qualcuno che conosce molti dettagli di ciò che accadde quella notte.  Patrizia Bianchi, la super teste innamorata di Binda 30 anni fa, nel 2015 vide un’immagine della lettera in Tv e vi riconobbe la grafia dell’imputato, che invece nega di esserne l’autore. Il 12 aprile scorso, inoltre, in occasione della prima udienza dell’Assise l’avvocato bresciano Piergiorgio Vittorini ha informato la corte, con un carteggio, di rappresentare «una persona» (non ha specificato se uomo o donna) che sostiene di essere il vero autore della missima. L’avvocato però non è autorizzato a rivelare l’identità del proprio assistito ed è legato dal vincolo professionale.

Alla luce di tutto questo sarà fondamentale ascoltare la testimonianza del perito grafologo dell’accusa, che attribuisce a Binda la “paternità” della lettera, nonché quella del perito merceologico che ha analizzato il foglio sul quale “In morte di un’amica” fu scritta. Foglio che sarebbe perfettamente compatibile con un quaderno trovato a casa del quarantanovenne al momento della perquisizione. Per i difensori di Binda, Patrizia Bianchi e Sergio Martelli, invece quel foglio potrebbe arrivare da migliaia di quaderni venduti in tutta Italia all’epoca dei fatti in quanto di uso molto comune.

Saranno anche ascoltati i tre amici di Lidia che il 7 gennaio trovarono il cadavere: dovranno ricostruire la scena. Non sarà sentita, invece, Paola Bettoni, madre di Lidia (che avrebbe già dovuto essere ascoltata ma la cui testimonianza è saltata a causa del protrarsi degli altri interrogatori) perché domani accompagnerà all’altare il figlio Alberto.<QM>S. Car.