Caso Macchi, pm nei guai: rischia il taglio di carriera

La richiesta: via un anno e mezzo di anzianità

Agostino Abate (Newpress)

Agostino Abate (Newpress)

Varese, 5 maggio 2017 - Perdita di un anno e mezzo di anzianità e conferma del trasferimento d’ufficio al tribunale di Como. È la richiesta di sanzione per Agostino Abate, ex sostituto procuratore di Varese, del sostituto procuratore generale Gabriele Mazzotta davanti alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. Secondo il pg di Palazzo dei Marescialli, Abate, storico sostituto della procura di Varese, sarebbe responsabile dei pesanti addebiti che gli vengono mossi nel capo d’incolpazione per la sua conduzione, durata ventisei anni, delle indagini sull’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa trucidata con 29 coltellate la sera del 5 gennaio 1987, nella zona di Cittiglio. Abate avrebbe, fra le altre cose, “omesso qualsivoglia iscrizione nel registro degli indagati” e non avrebbe vigilato sui reperti del delitto (in parte andati distrutti, mentre ne avrebbe custoditi altri, in “modo del tutto anomalo”, nella cassaforte del suo ufficio). Il 18 maggio la decisione del “tribunale delle toghe”.

I giuduci dell’organismo di autogoverno dei magistrati avevano già sanzionato Abate con la perdita di due mesi di anzianità e il trasferimento a Como per avere omesso o comunque ritardato il compimento di atti dell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Uva, deceduto all’ospedale di Varese, il 14 giugno del 2008, dopo avere trascorso parte della notte in caserma. «Dagli elementi raccolti - dice il pg Mazzotta - traspaiono inerzia investigativa e una pigrizia nella collaborazione del pm con gli organi investigativi». Dalle condotte del pm deriva un «disvalore deontologico grave», di «incuria» nel trattare i soggetti coinvolto nelle indagini, «che non sono mai stati iscritti nel registro degli indagati», rileva la mancata custodia dei reperti.

Agostino Abate non ha nominato un difensore e ha deciso di difendersi da solo. Parla per circa due ore. «Io sono incolpevole - scandisce -. Non ho mai detto bugie. C’è un accanimento nei miei confronti». «Non c’è stata nessuna inerzia. Ci sono state quattro iscrizioni e varie richieste di proroga delle indagini». La distruzione dei reperti fu disposta dal gip (Ottavio D’Agostino - ndr) «senza che mi venisse chiesto un parere». Respinge in blocco le “accuse”, non solo quelle legate alla vicenda Macchi, ma anche gli illeciti disciplinari che gli vengono contestati, come comportamenti scorretti nei confronti del capo della procura e di un collega, ritardi nel compimento di atti, adozione di provvedimenti privi di motivazione. Ricorda il caso Uva. «Su questo procedimento pende il ricorso in Cassazione, ma finché ci sarà questa situazione, non chiederò di tornare alla procura di Varese». Una scelta fatta per senso «istituzionale» e per non «essere causa di danno alla giustizia».