Sorpresa sul caso Lidia Macchi, Lelio esiste davvero: si accusò dell'omicidio

In aula l'imputato Stefano Binda

Stefano Binda

Stefano Binda

Varese, 16 gennaio 2018 - "Lelio” esiste e più di una persona lo ricorda. Ha una identità il ragazzo “strano” che secondo una testimone al processo per l’omicidio della studentessa si era vantato di essere l’assassino della studentessa trucidata con 29 coltellate la sera del 5 gennaio 1987, nella zona di Cittiglio.

Nell’udienza del 19 dicembre era stata Paola Bonari, amica di Lidia, a evocare la figura e il racconto che le era stato fatto da un’amica dei tempi dell’università a Milano, Daniela Rotelli. Quest’ultima era stata convocata d’urgenza dalla sua abitazione di Bozzolo, nel Mantovano, e aveva deposto davanti alla Corte d’Assise di Varese. «Il ragazzo diceva di chiamarsi Lelio e di essere di Varese. Non ho mai saputo il suo cognome. Alto sul metro e 70, moro, occhi scuri, al massimo 25-26 anni, ogni tanto capitava alla Statale. Attaccava discorso con tutti. Si avvicinava ai luoghi frequentati dai ragazzi di Comunione e Liberazione, ma non entrava. L’ho incontrato una decina di volte, quella è stata la penultima». «È stato - aveva proseguito la teste - non più tardi della primavera del ‘90, era ancora inverno. Mi ha seguito mentre andavo a messa. In quel breve tratto di strada, improvvisamente, mi ha detto: ‘Gliele ho date io tutte quelle coltellate alla Lidia’».

Daniela Rotelli aveva arricchito il suo racconto con un particolare, quello che già all’epoca aveva aveva fatto partecipe Paola Bonari di quell’episodio surreale. «La prima cosa che ho pensato è stata quella di dirlo alla mia amica, perché sapevo che conosceva i fatti . Lei mi ha rincuorato: ‘Lascia stare. È fuori di testa’. È finita qui. Ho rimosso tutto». Dopo l’arresto di Binda, nel gennaio 2016, aveva ripreso l’argomento con la Bonari che le aveva dato il consiglio di prendere contatto con l’avvocato Paolo Tosoni. La Rotelli aveva parlato con il penalista milanese e gli aveva scritto una mail. Nel mese di ottobre una “voce femminile”, un’assistente del sostituto procuratore generale Carmen Manfredda, titolare delle indagini sul caso Macchi, l’aveva chiamata sollecitando la sua testimonianza. Daniela Rotelli non aveva dato seguito alla richiesta perché stava attraversando un periodo difficile per gravi problemi familiari. Il dibattimento riprenderà in mattinata con un snodo cruciale: l’esame di Stefano Binda, imputato dell’omicidio di Lidia Macchi.