Delitto Macchi, "Se sai chi è il killer dillo all’avvocato". Ma le amiche tacciono

Varese, le testimoni intercettate

Daniela Rotelli e Paola Bonari

Daniela Rotelli e Paola Bonari

Varese, 21 dicembre 2017 - Un fitto scambio di telefonate, sms, anche mail fra Paola Bonari e Daniela Rotelli, racchiusi fra il 22 gennaio e il 23 marzo di un anno fa. Iniziato poco dopo l’arresto di Stefano Binda, il 15 gennaio. I difensori Patrizia Esposito e Sergio Martelli li hanno prodotti alla Corte d’Assise di Varese che processa Stefano Binda per l’omicidio di Lidia Macchi. Daniela Rotelli, 49 anni, mantovana di Bozzolo, cerca Paola Bonari, sua compagna di appartamento e di università alla Statale di Milano. Paola è l’amica a cui Lidia fa visita all’ospedale di Cittiglio, la sera del 5 gennaio 1987, poco prima di essere trucidata con 29 coltellate.

La Rotelli cerca Paola perché una trasmissione televisiva le ha rivitalizzato un ricordo che era riuscita a rimuovere: fra l’inverno e l’inizio primavera del 1990 un ragazzo che conosceva superficialmente l’aveva raggiunta e accompagnandola per un breve tratto di strada, dalla Statale a una chiesa, aveva buttato lì: «Tutte quelle coltellate alla Lidia le ho date io». Si era poi allontanato ridendo. Dopo avere rintracciato l’amica di un tempo, Daniela le chiede consiglio. Paola le dà quello di rivolgersi all’avvocato e amico Paolo Tosoni (che però in aula ha negato di conoscere la Rotelli). È la telefonata intercettata il 9 febbraio 2016 alle 21.38. «Perché - dice Bonari - comunque lui conosce tutte le vicende bene... cioè certamente se è una cosa che può essere utile non ti impedisce, non ti dissuade ma magari ti dà un consiglio, cioè ... spassionato, anche magari eventualmente su come muoverti su chi sentire così». Daniela annuisce. «Cioè - prosegue Paola - non mi sembrerebbe una cosa così cioè male non fa e magari ti... lì ti da qualche idea invece, per dire ... te capì». Nel corso della telefonata Paola invita Daniela a riflettere sui valori profondi della vita. «Bene, sono, come dirti, Daniela... cioè vedo più la bellezza del delitto, ecco, diciamo così, anche se si parla di un delitto, vedo più la bellezza della persona, l’amicizia, capito così sono un po’ stupita di per sé per questa cosa e niente, mi sembra che uno sguardo ... potente».

Nell’udienza di martedì Daniela Rotelli ha riferito di avere inviato una mail all’avvocato Tosoni senza ricevere risposta. Nell’ottobre di un anno fa è stata però raggiunta dalla chiamata in cui una “voce femminile” le chiedeva la disponibilità a essere ascoltata dalla procura generale. Ha lascito cadere l’invito anche a causa di gravi problemi familiari. Quello di rivolgersi al penalista milanese per un parere non è l’unico suggerimento che Paola Bonari rivolge amica. Ci sono anche quelli di fare un “viaggetto” a Milano (dagli inquirenti) o di prendere contatto con un ispettore della squadra mobile di Varese, di cui fornisce il telefono. Nella telefonata dell’8 marzo, si parla della mail che la Rotelli si è decisa a inviare all’avvocato, senza risposta. Daniela ribadisce alla Bonari il pensiero che ha in testa da gennaio. L’altra la invita a non esagerare,. Con due sms, alle 22.57, Daniela Rotelli ringrazia. «Grazie Paola per avermi detto di scollarmi, io credevo di aver rimosso tutto, ma quelle parole devono avermi lasciato un segno e mi sono spaventata». E subito dopo: «Fatto bello e inaspettato è che ti ho ritrovato». Nessuna delle due antiche amiche pensa di rivolgersi alla procura, a un organismo investigativo per raccontare del misterioso Lelio e della sua surreale “confessione”. Nella telefonata del 23 marzo gli argomenti sono la religione e la preghiera.