Delitto Lidia Macchi, pg contro testimone: "Segno d'intesa con Binda"

Bacchi accusato di falsa testimonianza. Altro colpo di scena: rinvenuto dal direttore di Medicina Legale in un armadio sacchetto con viscere. Il magistrato: etichettato con il nome della studentessa, si disponga perizia

Lidia Macchi

Lidia Macchi

Varese, 23 giugno 2017 - Due colpi di scena al processo a Stefano Binda, accusato della morte di Lidia Macchi. È stato denunciato con l'accusa di falsa testimonianza, Gianluca Bacchi Mellini, che nella scorsa udienza del processo ha confermato in aula la presenza dell'imputato a una vacanza a Pragelato, in Piemonte, nell'arco temporale tra la scomparsa della giovane e il ritrovamento del cadavere nei boschi di Cittiglio. Lo ha spiegato oggi, nel corso dell'udienza davanti alla Corte d'Assise di Varese, il sostituto pg di Milano Gemma Gualdi, motivando il provvedimento, contestato dai difensori dell'imputato, con un segno d'intesa, un "occhiolino", che il testimone avrebbe rivolto a Binda prima di rispondere alle domande.

Per questo è stato prodotto anche il filmato con le riprese dell'udienza. La testimonianza del commercialista confermerebbe l'alibi di Binda, che ha sempre sostenuto di essere stato a Pragelato con altri ragazzi vicini a Comunione e Liberazione. Altri testimoni, invece, non ricordano la sua presenza. Secondo l'accusa l'uomo in quei giorni si trovava nel Varesotto. "Dalle riprese della scorsa udienza emerge pacificamente - ha detto il pg - che il teste dopo essersi seduto e giurato di dire la verità ha fatto un segno d'intesa in modo smaccato, con un occhiolino verso il suo amico Binda". Il difensore di Binda ha espresso perplessità sulla misura, "può risultare fuoriviante" sottolienando che "può capitare che un teste ricordi anche dopo tempo".

IL SACCHETTO DI VISCERE - Un'altra clamorosa rivelazione è quella legata a un misterioso ritorvamento.  Il sostituto procuratore generale Gemma Gualdi ha annunciato all'inizio dell'udienza che il 21 giugno scorso il direttore di Medicina Legale di Varese si è presentato con un sacchetto di plastica contenente viscere, etichettate come di Lidia Macchi. "Il sacchetto è stato trovato in un armadio accanto a carta e cartacce. Il direttore è arrivato da poco a giorno in questa vicenda e non può sapere come questo sacchetto sia finito in un armadio polveroso - ha aggiunto il magistrato -. Il direttore Motta era stupefatto come posso esserlo io, annichilito come una qualunque persona ragionevole. Non so davvero se si tratta di viscere di Lidia o di altri, può essere qualunque cosa. Non posso dire come possano essere finite in un armadio parti di un organo finito in un'autopsia". "L'etichetta sul sacchetto riporta la scritta 'Lidia Macchi' ma la strada è aperta a qualsiasi ipotesi - ha aggiunto -.N on so come sia finito lì, non so quale e quale sia lo scopo di questo gesto. Chiedo una perizia per sapere se è di Lidia, se si possono rintracciare tracce di aggressore. E' corte che deve disporlo". Il magistrato ha suggerito per la perizia i nomi della dottoressa Cristina Cattaneo e del comandante Ris Giampietro Lago.

L'ULTIMO GIORNO DI LIDIA - E' stato poi il momento di don Marco, all'epoca coadiutore della parrocchia di Brecchia (quella di Binda e dell'amico Giuseppe Sotgiu). Il parroco ha ricordato che un paio di mesi dopo il delitto Sogtiu era preoccupato perché doveva essere chiamato come testimone e non ricordava cosa avesse fatto la sera dell'omicidio. All'epoca - ha spiegato il religioso - Binda lo aveva rassicurato dicendo che sicuramente - come da loro abitudine - avevano trascorso la serata insieme. Ciò sembrerebbe in contraddizione con l'alibi di Binda - la sua presenza a Pragelato in concomitanza dell'omicidio - ma occorre anche valutare se non si fosse trattato di una frase di semplice rassicurazione e se Binda conoscesse la data esatta della morte di Lidia. Tra i testimoni sentiti oggi anche il fidanzato dell'epoca di Patrizia Bianchi, figura chiave del processo, la donna che ha riconosciuto la calligrafia Binda nella lettera "In morte di un'amica".

(ha collaborato GABRIELE MORONI)