Un viaggio nel cuore della Terra: "Così si svelò la Grotta Marelli"

Varese rivive con gli speleologi l’impresa di 40 anni fa

Il gruppo che fece l’impresa

Il gruppo che fece l’impresa

Varese, 14 ottobre 2017  - Erano giovani e con le tute impiastrate di argilla, quando sono riemersi dopo cinque giorni passati a 300 metri sottoterra. Sono trascorsi 40 anni da quell’impresa, quando un gruppo di otto speleologi varesini piantò un campo base nella Grotta Marelli, nel cuore del Campo dei Fiori a Varese. Oggi si rivedranno nella sala Montanari del Club Alpino di Varese, in una serata aperta al pubblico, per il 40ennale della spedizione.

Da allora la speleologia ha fatto passi da gigante, ma nel 1977 era tutta un’altra storia. «Piantammo il campo base a meno 300 metri, portammo il minimo indispensabile perché la discesa con gli zaini era difficoltosa», ricorda Franco Rabbiosi, che partecipò alla spedizione. Da mangiare «latte condensato, fichi secchi, tutta roba molto energetica e che portava via poco spazio». Anche se «per il compleanno di uno della squadra venne a trovarci un’altra equipe e ci portò una bottiglia di whisky. Fu una festa incredibile». L’unica cosa che abbondava era l’acqua, «sotto di noi scorreva un fiume e ne trovavamo spesso». Gli otto speleologi  avevano anche attrezzato «una linea telefonica con chilometri di cavo, in modo da comunicare in caso di emergenza». Comunque «fuori dalla grotta c’era una squadra che presidiava l’ingresso», spiega Rabbiosi. Dormire non era un problema: «Avevamo le amache, che stendevamo tra le rocce piantando dei chiodi, oppure ci sdraiavano per terra sull’argilla: era liscia, andava benissimo». L’idea della spedizione nacque «perché facevamo spedizioni lunghe nella grotta e uscivamo sempre stanchi. Così decidemmo di trascorrere lì sotto un periodo più lungo. Andavamo in giro in esplorazione, scavavamo cunicoli a mani nude, perché gli attrezzi erano troppo pesanti e non passavano attraverso gli stretti sentieri della grotta».

Come attrezzatura «avevamo imbrachi, corde e scalette. Oltre all’elmetto con l’illuminazione a carburo». In quegli anni si era ancora agli inizi dell’esplorazione, ma oggi si è scoperto che «la grotta è profonda circa 600 metri e si sviluppa per 7 chilometri». La spedizione permise di raccogliere dati sulle reazioni del corpo umano in un ambiente atipico, poi pubblicati nel volume «Alcune considerazioni sulle reazioni psico-fisiche dei componenti la spedizione Marelli 77». A distanza di anni, conclude Rabbiosi, «ognuno di noi ha cambiato completamente vita. Io ho 72 anni e mi occupo di incisioni rupestri e della linea Cadorna. Vado in giro con archeologi, fotografo, segnalo reperti, porto anche le scolaresche in visita».