Varese, 1 marzo 2014 - Grazie alla sua denuncia nel 2006 era stato arrestato dai carabinieri un latitante che si era presentato come responsabile di una finanziaria in grado di offire somme di denaro in prestito. Da allora per la donna, che nel 1971 ha aperto insieme al marito una piccola impresa a Varese, è iniziata una strada in salita, fatta di minacce telefoniche, difficoltà economiche e il pericolo di finire in preda agli usurai. A causa dei debiti con le banche è stata costretta a chiudere l’azienda, che produceva serrature e componenti per valigie. Ora la famiglia rischia di perdere la casa e di ritrovarsi, da un giorno all’altro, sulla strada. «Ci sentiamo abbandonati e traditi dallo Stato e dalle istituzioni - spiega lei - ci troviamo in questa situazione perché non abbiamo ricevuto aiuto e protezione».

L’ex imprenditrice racconta la sua storia, dalla quale emerge lo spaccato di un fenomeno, quello dell’usura, che approfitta delle difficoltà finanziarie per depredare interi patrimoni. «Nel 2005 abbiamo ricevuto da parte di una celebre griffe la proposta per una grossa commessa dal valore di milioni di euro - spiega - e ci siamo ritrovati a dover ampliare lo stabilimento per fare fronte ai nuovi ordinativi. Per questo abbiamo chiesto un prestito alla nostra banca e il direttore della filiale ci ha indirizzati verso una società finanziaria di Varese». Da allora, per la famiglia, sono iniziati i guai. «Si è presentato da noi quest’uomo e prima che firmassimo il contratto ha iniziato a chiederci somme di denaro in contanti per risolvere alcune pratiche. Insospettita dal suo atteggiamento, mi sono rivolta ai carabinieri. Si è scoperto che l’uomo era un noto truffatore, latitante, che si nascondeva a Varese. I carabinieri hanno organizzato un blitz e lo hanno arrestato nella nostra azienda - prosegue - ma per noi è iniziato un calvario. Da allora riceviamo continue telefonate anonime, con pesanti minacce e intimidazioni».

Ma i guai non sono finiti. Le banche, racconta la donna, hanno rifiutato di concedere il prestito e l’azienda ha perso la commessa con la griffe. Negli anni della crisi economica l’impresa si è trovata in serie difficoltà e ha accumulato debiti per circa 230mila euro che hanno portato al fallimento. «Siamo stati avvicinati più volte da usurai e truffatori - racconta - a volte erano loro a contattarci per primi, come se sapessero già che avevamo bisogno di denaro». Piera ha deciso quindi di rivolgersi all’associazione antiusura Sos Italia Libera, contattando il presidente nazionale, Paolo Bocedi. La sua casa, una villa con giardino a Varese dal valore di oltre un milione di euro, potrebbe essere pignorata per ripianare i debiti. «Rischiamo di trovarci sul lastrico - conclude - per questo chiediamo che le istituzioni ascoltino la nostra voce e ci offrano una tutela».