Varese, 9 febbraio 2014 - Lisa ha il malessere che viene dopo un’aggressione violenta e non passa nemmeno a distanza di un mese. Ha così paura di tornare a scuola, a Varese, che ha preferito lasciare il liceo e iscriversi a un altro, a 45 minuti di strada. Lisa (il nome è fasullo), bella ragazza di 15 anni, un sabato pomeriggio di gennaio passeggiava con un’amica nell’area pedonale del centro di Varese. Non c’era scuola per lei, ma c’era, e proprio lì vicino, per una coetanea che a fine lezione l’ha vista, le è saltata addosso prendendola alle spalle, l’ha scaraventata a terra, trascinata e presa per i capelli, mentre le rovesciava in faccia bestemmie e ogni sorta di mala parola per giustificare la bestiale violenza contro Lisa la bella, la mite, la rubacuori magari senza nemmeno saperlo.

Una scena identica a quella di Bollate raccontata dai genitori di Lisa attoniti di fronte alla visione in copia dell’aggressione subita dalla loro figlia: «Anche per Lisa gli altri ragazzi stavano a guardare, davano manforte e nessun adulto ha fatto niente. È intervenuto per fortuna un ragazzo robusto che ha allontanato con forza la picchiatrice» Risultato dell’aggressione: escoriazioni, lo smartphone sfasciato apposta dalla bulla e una paura che Lisa, donna di fuori ma bambina dentro, ancora non conosceva. «Abbiamo educato nostra figlia - racconta il papà C.G. in un ambiente sereno e mite». Lisa all’inizio non voleva neppure raccontare in casa l’episodio, poi si è confidata con la mamma e infine con papà: «Siamo andati all’ospedale e in Questura a sporgere denuncia la sera stessa».

Lisa, seconda liceo linguistico, è stata malmenata con rabbia e apostrofata con un linguaggio nemmeno lontanamente femminile da una ragazza che frequenta le scuole private delle suore. Motivo abietto e pure fasullo: il ragazzo che le piaceva avrebbe guardato l’altra. Lisa fatica persino a capire di chi parla, ma poco importa. Non reagisce apertamente perchè non è nella sua natura nè in quella della famiglia che fa alcuni passi d’obbligo. Dopo la denuncia, il padre chiede alla polizia di parlare coi genitori della bulla: «Mi hanno risposto che la pratica va avanti da sola al Tribunale dei Minori, ci penseranno loro. Ma io dico: aspettiamo dieci anni a fermarla?». Secondo passo è parlare con la preside, la religiosa della scuola che frequenta la malmenatrice: «L’aggressione è avvenuta in strada, non nella scuola». Cinque giorni dopo, la madre di Lisa incontra la bulletta violenta per strada in compagnia della mamma: «Le ho detto cosa aveva fatto sua figlia alla mia. Ha ribattuto di fare pure i miei passi legali che la figlia è innocente».

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