Milano, 20 dicembre 2013 - Nessuna possibilità di tornare in Italia con i loro figli adottati. Almeno per adesso. Il ministro dell’Interno del Congo ha ribadito all’ambasciatore italiano Pio Mariani e a quelli di Stati Uniti, Francia, Belgio, Canada e Regno Unito, l’intenzione delle autorità congolesi di non rilasciare i visti d’uscita ai bimbi e di mantenere il blocco delle adozioni internazionali così come deciso lo scorso 25 settembre. E la notizia è stata data ieri da Mariani ad alcuni padri dei piccoli convocati in ambasciata a Kinshasa. Problemi potrebbero esserci anche sul fronte del prolungamento dei visti di soggiorno che hanno la durata di un mese. Non tutte le 24 coppie, però, hanno la scadenza lo stesso giorno. Alcune sarebbero agli sgoccioli e temono l’espulsione anche se non più tardi di sabato scorso le autorità congolesi hanno convocato gli italiani ribadendo che i figli sono loro e che loro possono restare in Congo ma ovviamente non rientrare in Italia. Ieri il ministro degli interni africano ha detto che verrà fatta una valutazione caso per caso.

Immediata la risposta italiana. Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo, Albert Tshiseleka Felha. Bonino ha ricordato che gli accordi verbali raggiunti a novembre tra le autorità congolesi e la ministra Kyenge sono stati del tutto disattesi e per una situazione che resta «fortemente preoccupante». Preoccupazione e disperazione per le coppie bloccate a Kinshasa. «Aiutaceci. Fate qualcosa. Non vogliamo andarcene senza i nostri figli», dicono tutte. Neppure gli enti che hanno curato le adozioni riescono a capire: «Tutto in regola. In Congo si va solo quando l’adozione è stata riconosciuta legalmente». E allora?

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