Cardano al Campo, 25 luglio 2013 - «Mamma, ci vediamo domani». «Va bene, tesoro». Massimo ha 22 anni, gli stessi occhi azzurri della madre, la stessa determinazione schermata dalla dolcezza. È il figlio maggiore di Laura Prati, sindaco di Cardano al Campo. Ricorda le ultime parole della mamma prima di essere trasferita dall’ospedale di Gallarate a quello di Varese, quell’inaspettato «tesoro», piccola deroga a un rapporto di affetto totale che non richiedeva troppe parole.

«La mamma mi ha insegnato tanto, a cominciare dalla considerazione per i più deboli e dal rispetto per le donne. Mi ha insegnato il senso del dovere. Non mi diceva di fare in un modo piuttosto che in un altro. Mi bastava osservare come si comportava. Non perdeva mai la calma, era sempre tranquilla anche se di motivi per alzare la voce ne avrebbe avuti». Una vita intensa, quasi frenetica. Uscita di casa verso le otto e mezzo del mattino. Ritorno per mezzogiorno con il marito Giuseppe che buttava la pasta. Dalle due del pomeriggio ancora in municipio fino a sera. E la passione mai trascurata per gli studi, per le lingue. Laura studia in cucina, il computer accanto, Massimo al piano di sopra.  «Si era iscritta online a Ferrara in scienze dei beni culturali. E prendeva anche dei 30. Mi chiedevo come facesse con tutto quello che aveva da fare, mentre io arrivavo a 26, a 27». 

Fino al 30 e lode in diritto del lavoro, l’ultimo regalo alla mamma...

«Ne avevamo parlato quando lei era ancora ricoverata a Gallarate. Si preoccupava: “Chissà se ce la fai, con tutto questo casino”. Alla vigilia le ho detto: “Mamma, domani ho l’esame”. Ha capito, ha mosso gli occhi. Ha fatto lo stesso quando le ho comunicato il voto. La sua forza è stata determinante. Ecco un’altra cosa che ho imparato da lei: non mollare mai».

C’è un libro che nella biblioteca di casa avrà sempre un posto privilegiato. È «Il buio oltre la siepe» di Harper Lee, storia di un avvocato coraggioso nell’America razzista degli anni ’30.

«La mamma lo aveva letto fino a quando non era stata costretta a interrompere. Le ho detto che glielo avrei letto io. Domenica notte abbiamo finito il libro. Ero con mio padre. Ogni tanto entrava il fratello della mamma. È stata la notte più emozionante della mia vita».

Lunedì mattina viene dichiarata la morte cerebrale di Laura Prati. Viene evocato Giuseppe Pegoraro, lo sparatore di quella mattina di luglio.

«È una persona che non merita di essere ricordata, una persona da niente. Mi spiacerebbe se con il passare del tempo la gente si dimenticasse del gesto ignobile che ha compiuto. Non vorrei che fosse capito o addirittura perdonato. Lui che non mostra nessun pentimento».


Massimo, è credente?

«Già prima titubavo. In questo momento invidio chi ha una fede profonda».

Uno sguardo al futuro: «Entro nel quarto anno di giurisprudenza, ma non credo che farò l’avvocato. Non è nelle mie corde. Vorrei fare il magistrato. So che è difficile. Però mi piace l’idea che al mondo possa esserci un po’ più di giustizia, che le persone oneste non rischino di finire male. Voglio farlo con la passione che mia madre metteva in tutto quello che faceva».
L’autopsia di Laura Prati è stata eseguita ieri all’ospedale di Varese. I funerali si svolgeranno domani a Cardano al Campo.