Gorla Minore, 13 marzo 2013 - Non è il Mississippi delle avventure di Tom Sawyer e Huck Finn, ma l’Olona nei ricordi di chi oggi ha i capelli bianchi e ha superato gli ottant’anni è il “grande fiume” che ha fatto da scenario ai giochi dell’infanzia. Ne parla con nostalgia Mario Colombo, classe 1930, pensionato con l’hobby della ricerca storica, memoria del tempo in cui nell’Olona si pescava e ci si tuffava.

 

Signor Colombo, che ricordi ha del fiume?

«Ho immagini bellissime impresse nella memoria, sono legate alla mia infanzia. Allora con la mia famiglia abitavo a Olgiate Olona, il corso d’acqua era a 100 metri dalla porta di casa. Con la bella stagione, dopo la scuola noi bambini passavamo le nostre giornate lungo l’Olona. Lo scenario era incantevole, boschi e prati, e l’acqua pulita, limpida. Ogni estate costruivamo nel bosco di robinie le capanne, il nostro “campo base” e da lì partivano le nostre avventure. Il mito era il Corsaro Nero, così costruivamo sulla riva quello che nella nostra fantasia era il porto per le navi dei pirati. E poi c’erano le sfide con i ragazzini di Marnate, che «occupavano» la riva opposta alla nostra. Era un mondo meraviglioso, un piccolo paradiso terrestre. E i nostri genitori faticavano non poco a farci rientrare a casa dopo la giornata trascorsa a giocare lungo il fiume dentro il quale ci misuravamo anche in gare di nuoto».

I suoi ricordi risalgono alla fine degli anni trenta e alla Seconda guerra mondiale, allora nell’Olona si pescava?
«Certo. Quante volte con i miei fratelli e i miei amici abbiamo pescato pesci e soprattutto tante rane che ci hanno sfamato proprio durante gli anni drammatici della seconda guerra mondiale. Allora mancava tutto, ma l’Olona ci dava le rane che le nostre mamme sapevano trasformare in piatti prelibati. Io per pescare le rane utilizzavo una canna di bambù con un amo a tre punte particolare che facilitava la cattura e per questo spesso la davo in prestito ad altri per assicurarsi… il raccolto».

Quali altri momenti ricorda?

«Ah, la domenica a gustare il pesce dell’Olona in una delle trattorie che si trovavano lungo il corso del fiume. Mi ricordo i tavolini rustici, all’aperto, il fiume che scorreva vicino, il verde degli alberi che regalavano l’ombra».
 

Una presenza importante sono stati i mulini.

«Io ricordo il mulino Bianchi a Olgiate Olona. Se chiudo gli occhi rivedo la processione di persone che andavano al mulino a far macinare il grano o ad acquistare la farina, il via vai era continuo».

Poi l’Olona ha cominciato a morire.

«Un processo avviato alla fine degli anni Quaranta quando terminata la guerra per l’Italia è cominciata la ricostruzione: le aziende furono ampliate, c’era bisogno di dare lavoro e di produrre, e le acque dell’Olona cominciarono a riempirsi di schiuma e di inquinanti. Abbiamo perso un patrimonio che già allora avrebbe potuto avere attrattiva turistica».

Oggi si cerca di salvare il fiume. Lei crede che si riuscirà?

«Me lo auguro, recuperare l’Olona è fondamentale per valorizzare una zona che merita attenzione turistica per le tante testimonianze storiche e artistiche e anche per i paesaggi».

 

di Rosella Formenti