Bergamo, 29 agosto 2012 - Per venti giorni Giampaolo Cancelli ha vissuto nel reparto di rianimazione di Bergamo, non troppo distante dalla morte. Era settembre del 2009. Adesso, dopo neppure tre anni, passerà dodici giorni a Londra, con il titolo di arciere paralimpico.

Appena qualche giorno prima di partire per la grande avventura, se la rideva sereno, disinvolto e felice di farsi seguire da casa da una morosa che se lo avesse accompagnato nella capitale dei giochi “avrebbe sicuramente speso troppi soldi nei negozi”. Eppure, anche se sembra volerlo nascondere, ci sono momenti in cui l'emozione fa capolino tra le sue parole: “Prima di gareggiare ai giochi di Stoke Mandeville, sapevo che sarei andato a Londra, ma quando il 28 giugno me l'hanno detto ufficialmente, un paio di lacrime mi sono scese”.

A Cancelli, classe 1968, piace scherzare, lo si capisce dopo poche battute. Sarà per questo che l'incidente in moto non si è perso d'animo e non si è allontanato dallo sport: “Prima facevo di tutto, andavo in palestra, giocavo a calcio, tiravo al poligono. La paraplegia non mi ha fermato”.

Fari nella notte Alberto Simonelli (Atleta della Phb di Bergamo, fa parte della nazionale paralimpica dal 1996, ndr.) che ti ha portato sulla strada dell'arco, poi Luciano Ravazzani che è diventato tuo allenatore...
"Per seguire Luciano ho lasciato la società di Bergamo con cui mi allenavo, e sono passato alla Asd Arcieri di Castiglione Olona. Una volta a settimana vado da lui a Varese, e ogni volta mi prendo delle gran belle bastonate sulle orecchie".

Problemi con i compiti a casa?
"Non scherziamo. Anche se avevo una certa predisposizione, prima tiravo al poligono, imparare a tirare con l'arco non è mica facile. Diciamo che pecco sulle piccole cose. Però continuo ad allenarmi tutti i giorni per almeno due ore. Poi, nel tempo libero mi dedico al mio secondo hobby: i mestieri di casa (E qui Cancelli tira fuori la sua anima burlona). Se non lo facessi penso che mia morosa mi lascerebbe fuori casa".

Ti faccio i miei complimenti per la disinvoltura, come riesci a rimanere così tranquillo?
"Dopo due anni e mezzo che faccio questo sport, già solo partecipare alle Paralimpiadi è come essere salito sul podio. Per non agitarmi penso che non ho nulla da perdere e che se faccio quello che so fare posso raggiungere un buon piazzamento, poi la medaglia è tutta un'altra storia. Accanto a me, sul campo, ci saranno anche Stubbs (John Stubbs, oro nell'arco compound open in Cina, ndr), Simonelli (Alberto Simonelli, argento nell'arco compound open in Cina, ndr) e Horner (Philippe Horner, bronzo nell'arco compound open in Cina, ndr). E loro sì faranno il bello ed il cattivo tempo. A me non resta che dare il tutto e per tutto".

Mettiamo che centri il risultato, a chi dedicheresti la vittoria?
«A una persona che non c'è più. Una ragazza: in punto di morte gli ho promesso che sarei andato alle Paralimpiadi a vincere. Una promessa l'ho mantenuta perché mi sono qualificato per Londra, l'altra spero di esaudirla (la medaglia)».

Ti senti un esempio per le altre persone nelle tue condizioni?
«No. La forza mi arriva dalla mia famiglia e poi la vita è bella... anche se sono un disabile in carrozzina. Io per natura sono ambizioso, ma non devo dimostrare niente a nessuno. Il tiro con l'arco lo faccio per me e la mia famiglia che mi è sempre vicina. Ora che vado a Londra mia figlia è gasatissima».

Che cosa ne pensa dell'esclusione di Macchi?
«Non mi esprimo. Tutti gli atleti se sono messi troppo sotto pressione e non sanno come arrivare a certi risultati, usano questi escamotage. E' la paura di non confermarsi che li spinge a questo, ma è anche una loro debolezza interiore. Se uno è più forte di te, lo devi accettare e basta. Non devi ricorrere ai medicinali. L'etica dello sport dovrebbe insegnare questo».

Dopo Londra, ci sarà Rio de Janeiro 2016. Ti vedremo anche li?
«Fin quando me lo posso permettere e sono in grado continuo, comunque nelle mie ambizioni ci sono anche le Paralimpiadi di Rio».

di Andrea Ruscitti e Lorenzo Pardini