Varese, 7 marzo 2012 - «Un cantone con 330.000 abitanti non può permettersi 54.000 frontalieri:35.000 è la soglia che non va superata». L'ultima provocazione di Giuliano Bignasca non passa certo inosservata, soprattutto in una provincia (come quella di Varese) che fornisce al Ticino oltre 20.000 lavoratori. Eppure, in barba a diversi studi effettuati oltre confine (dai quali risulta che i frontalieri non stiano affatto sostituendo i residenti quanto ad assunzioni), il leader della Lega dei Ticinesi si dice preoccupato del continuo aumento del numero di lavoratori stranieri (+40% in cinque anni), soprattutto in ambiti professionali storicamente occupati dagli svizzeri come quelli del terziario, nei quali la forza lavoro residente basta e avanza a coprire il fabbisogno dell'economia».

La risposta italiana, però, non tarda ad arrivare. «Per fortuna il mercato del lavoro è libero - sottolinea il sindaco di Luino, Andrea Pellicini -. Finché le aziende del Ticino chiedono manodopera qualificata, svizzera, italiana o di qualsiasi altro Paese, significa che questa serve, eccome. Le dichiarazioni di Bignasca non porteranno proprio a nulla, perché sono le stesse imprese elvetiche ad aver bisogno dei nostri lavoratori».

Secondo Pietro Roncoroni, primo cittadino di Lavena Ponte Tresa, le frasi pronunciate dal leader della Lega dei Ticinesi sono «puramente folcloristiche. Nel Cantone, infatti, il numero di disoccupati è infinitamente inferiore a 19.000, e Bignasca dovrebbe spiegarci con chi sostituirebbe tutte queste migliaia di lavoratori italiani secondo lui in esubero. Si tratta dell'ennesima sparata a sfondo quasi razzista, perché sottende la considerazione degli italiani come appartenenti a una razza differente. Purtroppo, però, questo suo populismo gli ha permesso di conquistare la base e, di conseguenza, i vertici istituzionali, e il blocco ai ristorni deciso in Ticino ne è la prova più eclatante».

Una situazione, quella relativa alle tasse dei frontalieri, che preoccupa anche i sindacati, anche perché Bellinzona parrebbe intenzionata a congelare anche quelle relative al 2011 (o almeno una parte di esse). «Il mancato rispetto di un accordo internazionale è per noi inaccettabile - afferma infatti Franco Stasi, segretario provinciale della Cgil -. Le ultime dichiarazioni del premier Monti, poi, ci preoccupano ulteriormente, perché riteniamo sbagliato delegare la questione all'Unione Europea: la situazione va affrontata direttamente fra i due Stati. Le dichiarazioni di Bignasca? Non mi sorprendono, ma noi le rispediamo al mittente».

Più soft, invece, la replica del presidente della Provincia, Dario Galli: «Appoggio integralmente le battaglie di Bignascain merito all'identità e contro l'inserimento della Svizzera nella "black list" dei paradisi fiscali, però poi la cosa deve finire lì: si vuole rimandare indietro i frontalieri italiani? Bisogna vedere cosa dicono le aziende ticinesi. Il discorso dei frontalieri sta iniziando a diventare obsoleto, perché negli ultimi anni i lavoratori italiani impiegati in Svizzera sono sistematicamente aumentati, e alla fine sono sempre i numeri a fare la storia».

di Paolo Candeloro