Varese, 17 luglio 2010 - Ora che le tante tessere sul tavolo sono state riordinate, il mosaico è raggelante nella sua nitidezza: i tentacoli della ’Ndrangheta si erano stretti attorno al comune di Lonate Pozzolo per guadagnare alle ditte compiacenti le gare d’appalto. I sospetti si sono trasformati in certezza grazie alla scrupolosa ricostruzione della direzione distrettuale antimafia e delle procure di Milano e Reggio Calabria.

Tre le pieghe dell’ordinanza di custodia cautelare, che martedì scorso ha spedito dietro le sbarre trecento affiliati alla ’Ndrangheta - a dire il vero molti erano già detenuti - si scoprono tanti oscuri episodi avvenuti nel Varesotto. Sul «locale» di Legnano e Lonate Pozzolo, costola lombarda del clan calabrese Farao-Marincola, l’operazione «Bad Boys» avviata dalla Procura di Busto Arsizio del 2009 aveva già fatto luce, svelando il vasto business criminale cresciuto attorno ad usura, estorsione e riciclaggio.

 

Anche i nomi erano già noti: attorno al capo, il «legnanese» Vincenzo Rispoli, si muovevano il braccio destro Emanuele De Castro e i luogotenenti Nicodemo Filippelli, Fabio Zocchi e Luigi Mancuso. Per i «bad boys», tutti già detenuti tranne il boss, tra giovedì e ieri sono iniziati gli interrogatori per la convalide dell’arresto. Tra loro c’è anche Ernestino Rocca, saronnese d’adozione al servizio del clan, in particolar modo di De Castro: al 35enne viene contestato il reato di danneggiamento. Ed ecco spiegate le pressioni sul comune di Lonate Pozzolo: Rocca è accusato di aver appiccato fuoco alla vettura di Orietta Liccati, responsabile dell’area lavori pubblici ed edliliza privata del municipio. Motivo? L’ordinanza non lo chiarisce ma si pensa al fatto che non abbia concesso un terreno per lo stoccaggio di rifiuti. Altre auto fecero la stessa fine, come quella dell’assessore ai lavori pubblici Danilo Rivolta.

 

Il «locale» puntava in alto: le intercettazioni telefoniche hanno appurato «l’interesse di De Castro e Filippelli ad un progetto edilizio da realizzarsi in Lonate». Trattasi del grattacielo Pirellino nella frazione di Sant’Antonino. «Facciamo quello che vogliamo, io credo di parlare l’italiano abbastanza bene, facciamo quello che c....ci pare», asserisce a riguardo Filippelli. In verità, non fecero un bel nulla. Come ammesso dal sindaco Pierluigi Gelosa ci furono contatti con un imprenditore - un prestanome vittima dello strozzinaggio del clan - ma la sua proposta venne rigettata per mancanza dei requisiti tecnici necessari. Attacco respinto, con qualche perdita forse ma senza più strascichi. E la città che dice? Si sa che Lonate Pozzolo è un comune ad alta densità di cirotani ma gli abitanti rifuitano le etichetta di «mafia» e «omertà». Qualcuno, però, sospetta che la politica non abbia sempre chiuso le porte in faccia ai clan.