Milano, 20 giugno 2013 - Alla fine, i conti che aveva in sospeso con la giustizia li ha pagati tutti, fino all’ultimo. Vincenzo Ippolito, «Enzino il Siciliano», come lo chiamavo allora, da boss, all’inizio degli anni Novanta, oggi ha 67 anni e da venti vive nell’anonimato in una modesta casa alla periferia sud di Milano. Lontano anni luce dall’epoca d’oro, quando viveva a Malaga in una villa da mille e una notte, e andava in giro con un un pugnale tutto d’oro ricoperto di diamanti e altre pietre preziose. Simbolo di potere e ricchezza sfacciata.

E lo era davvero negli anni Novanta, ricco e potente. Perché Vincenzo Ippolito era l’uomo che secondo la ricostruzione del pm Laura Barbaini e del gip Guido Salvini, in un processo a suo carico che risale al ’96, aveva preso la guida della più potente organizzazione di narcotrafficanti dopo l’arresto di Umberto Orio e mantenuto il controllo dei traffici, tra Milano e il Sudamerica, grazie all’aiuto dell’ex moglie Paola Bianco. Ippolito poi, si occupava di riciclaggio del denaro che proveniva dal business internazionale della droga.

Pulizia di capitali criminali, anche attraverso la gestione di ricevitorie. Tanto che spesso, sempre secondo le indagini, il gruppo si faceva consegnare le schedine vincenti del Totocalcio da chi le aveva giocate, dava parte della vincita in denaro contante al cliente e si tratteneva la parte restante. Ippolito fu arrestato alla fine degli anni Novanta nel corso di una maxi inchiesta che coinvolgeva anche i manager di una banca utilizzata come lavatrice degli affari compiuti a Milano e all’estero.

Ieri, a quasi vent’anni dall’ordinanza di arresto, quando ormai «Enzino il Siciliano» pensava di essere stato dimenticato da tutti, la Guardia di Finanza gli ha confiscato due milioni e mezzo di beni immobili, provento della sua ex attività illecita. Tre appartamenti a Buccinasco, con due box e una edicola di giornali ad Assago. Gli appartamenti a cui la Gdf ha messo i sigilli sono in via Tobagi al civico 5, e ad Assago, in via Raffaello Sanzio al civico 49. L’edicola, che era intestata al figlio, si trova in via Milanofiori all’ingresso del Carrefour.

Gli investigatori hanno confiscato beni anche ad altri pregiudicati, alcuni dei quali accusati di associazione mafiosa. Complessivamente la cifra recuperata è di 10 milioni di euro.Gli investigatori del Comando provinciale della Gdf hanno dato esecuzione alle confische, in base ad un provvedimento della terza sezione penale della Corte d’Appello di Milano, su richiesta del sostituto pg Laura Barbaini che ha coordinato le indagini.

Anna Giorgi

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