di Francesca Santolini

Trezzano sul Naviglio, 18 settembre 2012 — È una settimana di passione quella iniziata, ieri pomeriggio, per i lavoratori della Maflow di Trezzano sul Naviglio, l’azienda un tempo leader nella produzione di componenti per autovetture e ultimamente al centro di un estremo tentativo di salvataggio per strappare alla chiusura totale un pezzo di storia del Comune alle porte di Milano.

Ieri pomeriggio i lavoratori hanno presidiato il consolato generale della Germania, in via Solferino a Milano, mentre questo pomeriggio manifesteranno presso la sede Bmw Italia, a San Donato. Obiettivo degli incontri è quello di parlare con i rappresentanti degli enti, rispettivamente il console Jürgen Bubendey e il presidente di Bmw Italia, Franz Jung, per trovare una soluzione alla precaria situazione in cui vivono da tempo i lavoratori di Trezzano sul Naviglio.

Infatti, nonostante la casa automobilistica tedesca sia tornata - dopo numerose battaglie portate avanti dai lavoratori - ad assegnare commesse alla Maflow-Brs (negli anni addietro l’80 per cento del fatturato dell’azienda derivava proprio da Bmw), queste sono state destinate alla fabbrica Maflow presente in Polonia e non - com’era stato promesso - allo stabilimento alle porte di Milano. Viene quindi rimesso totalmente in discussione il progetto che mirava a far ripartire lo stabilimento trezzanese e a riassorbire la forza lavoro attualmente in cassa integrazione.
 

Ma oltre al danno anche la beffa: vista la situazione precaria e l’assenza di ordinativi, il rischio è che le macchine si blocchino definitivamente e che anche i 75 lavoratori attualmente in servizio nella fabbrica di via Boccaccio restino senza lavoro. La situazione, dunque, è sempre più critica e la paura tra i lavoratori è tanta: i timori avanzati diversi anni fa di una strategia studiata a tavolino per portare lo stabilimento alla deriva e chiudere la fabbrica sembrano diventare sempre più realtà.

«A due anni dall’accordo contestuale all’acquisizione da parte di imprenditori polacchi dello stabilimento di Trezzano - spiegano i sindacalisti della Cub, dall’inizio della vicenda al fianco dei lavoratori - tutto è stato disatteso: a partire dal rilancio dell’attività attraverso lo spostamento di produzioni da altri siti produttivi, fino alla riassunzione di 30 lavoratori tra il dicembre del 2010 e il giugno del 2011. A questo si aggiunga una colpevole latitanza delle istituzioni, in primis proprio da parte dalla stessa Regione, per una realtà imprenditoriale che vede l’occupazione di circa 250 lavoratori».

francesca.santolini@ilgiorno.net