Trezzano sul Naviglio, 14 marzo 2012 - «Nessuna pietà. Spero che marcisca in galera e che la giustizia trionfi senza nessuna possibilità di sconti di pena e attenuanti di vario genere». Esce allo scoperto una delle vittime di Gianluca Mascherpa, 49enne pedofilo che nonostante i suoi precedenti e gli anni trascorsi in carcere, è stato arrestato di nuovo dai carabinieri della stazione di Trezzano mentre ancora una volta adescava ragazzine tramite web e social network.

Un vizio che l’uomo alimentava da tempo, da quando vent’anni fa riservava morbose attenzioni alle giovanissime atlete che frequentavano il mondo della pallavolo dove lui svolgeva, indisturbato, il ruolo di allenatore a Milano. Alessandra, nome di fantasia, oggi donna di 33 anni, è stata avvicinata quando ne aveva solo 13. Solo la fortuna ha evitato il peggio impedendo che le attenzioni e le molestie dell’uomo degenerassero in violenza carnale. Ora, dopo la notizia dell’arresto di venerdì scorso, per la prima volta ha rotto il silenzio confidando quello che fino a ieri portava dentro sè quasi come fosse una colpa.

«Non mi sono mai confidata con nessuno – spiega – né le amiche né i miei genitori. Avevo paura delle conseguenze e quindi ho sempre tenuto tutto dentro». Sebbene l’episodio che ha visto involontaria protagonista Alessandra sia accaduto quasi vent’anni fa, il modus operandi di Mascherpa era sempre lo stesso: con la scusa di essere un attento e scrupoloso allenatore, circuiva le ragazzine, in palestra e in altri contesti, allungando le mani, facendo apprezzamenti e discorsi spinti, arrivando a gesti ancora più gravi. «Non l’ho mai denunciato forse per paura di ritorsioni da parte di quell’animale che mi diceva che nessuno avrebbe mai creduto a una tredicenne e che sarebbe stata la mia parola contro quella di un poliziotto – ricorda la giovane donna – diceva che avrebbe fatto di tutto per dire che ero stata io a provocarlo, facendomi passare dalla parte del torto».

A vent’anni di distanza, quell’esperienza è ancora viva dentro di lei, pronta ad esplodere e riaffiorare alla mente. Ma non solo. A vent’anni di distanza, quell’esperienza si è riproposta nell’hinterland milanese, a pochi chilometri dalla realtà in cui giocava quella bambina costretta a diventare donna troppo in fretta. Un problema che ha messo in evidenza le criticità e i vuoti di un sistema ancora imprerato a difendersi appieno da un fenomeno in crescita come quello dei predatori di bambini.

Come evidenziato da Giampaolo Santini, presidente della Polisportiva trezzanese che ha denunciato Mascherpa, denuncia da da cui è partita l’indagine, non è possibile che tra Federazioni e Coni, ma anche tra le stesse associazioni territoriali non ci sia stata comunicazione e si sia permesso all’uomo di frequentare ambienti a loro interdetti. Sebbene a Trezzano sul Naviglio Mascherpa non allenasse le ragazzine, ma solo una squadra maschile e una femminile con atlete maggiorenni, il pericolo era in agguato.
francesca.santolini@ilgiorno.net