Il geometra che realizzò il primo treno del metrò: «Doveva avere le gomme»

Il sestese Mario Consonni ha 90 anni e lavorava per la Breda. Costruì il futuro di Rosario Palazzolo

Mario Consonni (Spf)

Mario Consonni (Spf)

Milano, 31 ottobre 2014 - «La prima regola di progettazione era quella che i costi dovevano essere in equilibrio con i benefici. Perché quella metropolitana la pagavano direttamente i milanesi, e noi non potevamo proprio sprecare i loro soldi». Pensieri e valori che rimbalzano direttamente da un altro secolo e che, dinanzi agli scandali pubblici di oggi, raccontano un altro stile. A snocciolarli, in un racconto lucido e preciso, è Mario Consonni, 90 anni, sestese dall’età di due anni, un diploma serale da geometra in tasca e un titolo di Cavaliere della Repubblica che mette il sigillo ad una carriera incredibile.

Il geometra Consonni è uno dei padri della Metropolitana Uno di Milano. L’ultimo rimasto in vita con il suo bagaglio di memorie e di dettagli tecnici che paiono scolpiti nella sua mente. «Sono l’unico rimasto, perché al tavolo in cui si discuteva della prima metropolitana ero il più giovane, quello che quasi sempre veniva costretto a redigere i verbali», si schernisce. Consonni è stato il progettista del primo convoglio della M1, «quello con la livrea bianco Saratoga e rosso Marte, coliri voluti dal sindaco»La sua è una storia che vale quasi un’epopea. Quella di un gruppo di uomini che, in rappresentanza delle più grandi aziende elettromeccaniche milanesi, avevano ricevuto dal Comune di Milano l’incarico di «inventare» la prima linea di trasporto sotterrano in Italia, che avesse le caratteristiche di una vera metropolitana. «A Roma questo servizio c’era già, ma non era un vero metrò, si utilizzavano i treni – racconta il geometra che era era il capo di un gruppo di 72 disegnatori alla Breda Ferroviaria -. Per questo si impiegarono un po’ di anni, e diversi fallimenti, prima di giungere al convoglio definitivo».

Pochi sanno, ad esempio, che il primo metrò doveva avere gli pneumatici. «Il direttore generale di Atm di allora, aveva visto la linea parigina che aveva la sponsorizzazione Michelin, così penso che a Milano il metrò poteva viaggiare su gomme Pirelli. Ci lavorammo intensamente. Provammo il primo convoglio su un binario allestito nell’ex Breda Aeronautica. Ma il sistema di guida non era sufficientemente sicuro, così abbandonammo». Ci provò anche Fiat, con un progetto che venne sviluppato a Chivasso senza successo. Alla fine, il Comune di Milano dovette costituire la società Metropolitana Milanese, finanziata dai milanesi, e incaricare le migliori società del tempo: Breda, Om (Poi Fit), Asem (poi Ansaldo), Tecnomasia, Ercole Marelli, suddividendo il primo ordinativo di 30 convogli tra due cordate.

«Progettammo un convoglio inedito – racconta soddisfatto, con una precisione che è ancora millimetrica -. Per stabilirne le giuste dimensioni, per accogliere 200 viaggiatori e tutte le attrezzature necessarie, facemmo una prova in piazza Loreto. Risultò che doveva essere largo 2.805 millimetri, per ospitare sia utenti seduti che in piedi». Tutte misure che oggi sono diventate lo standard per i metrò. Non esistevano nemmeno le regole di omologazione, «così il Ministero ci disse di crearle noi stessi in base agli studi che avevamo compiuto». E nel dicembre del 1962, il primo metrò fece la sua comparsa in piazza Castello, tra i flash dei fotografi e la curiosità di migliaia di milanesi. «Impiegammo una notte per portarlo fin lì dagli stabilimenti Breda di Sesto. Man mano che avanzavamo, tagliavamo i rami a bordo strada e alzavamo i cavi dell’illuminazione con speciali paletti di legno. Poi lo calammo nel tunnel dove si stava ancora lavorando alla costruzione della linea e cominciammo i primi test alla stazione di Pagano. Si viaggiava di notte, per non rallentare i lavori».

Sabato, Mario Consoni sarà presente alle cerimonie ufficiali per i 50 anni della Metropolitana 1, con un pizzico di nostalgia per la grande avventura vissuta e la soddisfazione di aver contributo a fare la stoira di Milano.

rosario.palazzolo@ilgiorno.net