Non lavora di domenica per motivi religiosi, la Cassazione gli dà ragione

Una sentenza della Cassazione ha respinto il ricorso di Poste Italiane contro un dipendente sessantenne di fede cattolica contrario al lavoro domenicale

Poste (foto di repertorio)

Poste (foto di repertorio)

Peschiera Borromeo, 22 febbraio 2016 - Una sentenza della Cassazione ha respinto il ricorso di Poste Italiane contro un dipendente sessantenne di fede cattolica contrario al lavoro domenicale. Il datore di lavoro, in base al diritto alla libertà di impresa, può organizzare turni di lavoro domenicali ma se ci sono resistenze da parte dei dipendenti che per motivi di culto non intendono lavorare - ricevendo indicazioni dai sindacati di offrire la loro prestazione in altra data - è opportuno che non siano inflitte sanzioni disciplinari fino a quando non si trovano delle intese.

Nel 1999 Poste, in via sperimentale, aveva introdotto il turno domenicale nel Centro meccanizzato di Peschiera Borromeo, poi aveva esteso tale turno anche ad altri reparti senza raggiungere un accordo sindacale. La situazione - ricorda il verdetto - aveva generato proteste da parte dei lavoratori cattolici che intendevano la domenica «come momento religioso e di pratica di fede». Alcuni sindacati avevano contestato l'imposizione del turno domenicale e il dipendente., nel 2004, aveva aderito a questa iniziativa comunicando al datore di non voler lavorare nelle giornate festive domenicali e cristiane. Per due domeniche si era assentato dal lavoro dando disponibilità a recuperare. Poste lo aveva multato con la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un giorno. Il lavoratore aveva ritenuto sproporzionata questa reazione facendo presente che, al massimo, tenuto conto della «peculiarità della vicenda», poteva essere rimproverato o ammonito in forma scritta.

Sia in primo grado che in secondo, i giudici hanno ritenuto «sproporzionate» le sanzioni per la condotta «equivoca» tenuta dalle 'Poste« che aveva indotto i dipendenti a ritenere che ci sarebbe stata "tolleranza". Inoltre è stata positivamente valutata la disponibilità del dipendente a lavorare nei giorni successivi, una condotta che "seppur priva di valore scriminante, esprime un atteggiamento collaborativo per compensare l'assenza". Infine, i giudici hanno dato atto del fatto che "esisteva una iniziativa sindacale in corso e una richiesta individuale di non assegnazione a turni domenicali per motivi di religiosi (esercizio del diritto di culto), circostanza di cui Poste Italiane era a piena conoscenza e che portarono nel periodo immediatamente successivo alla soppressione del turno domenicale". Ad avviso della Cassazione, gli "indici valorizzati" dai giudici di merito sono "conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale« e la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano il 17 settembre 2010 non merita obiezioni.