Dalle fiamme della fonderia di Rozzano prende vita l’arte

Nel laboratorio di via Volturno con l’antica tecnica della fusione a cera persa si realizzano sculture di nomi celebri, come Arnaldo Pomodoro

La fonderia De Andreis

La fonderia De Andreis

Rozzano (Milano), 18 agosto - Il Pinella ha iniziato a fondere nel 1915, mentre il mondo cambiava volto con la Prima guerra mondiale. Il papà di Pinella era morto proprio sul fronte e lui per mantenere la famiglia, a 11 anni, ha dovuto lasciar perdere la scuola e darsi da fare. Sotto le bombe, in Stazione Centrale, alla Maf, si faceva arte. Dopo 50 anni, tempo di altre rivoluzioni. Il Pinella decide di aprire la sua fonderia: dentro una vecchia fabbrica di bulloni a Rozzano dava vita a un’arte antica. Sui libri di scuola si chiama “fusione a cera persa”, è la tecnica che risale all’età del bronzo e che nel Cinquecento è diventata la passione degli artisti del post Rinascimento. Il Pinella, Giuseppe De Andreis, li ha fatti crescere lì i suoi tre figli. Tra braci, fiamme, metalli colati roventi come lava. "Un inferno, da cui veniva fuori la bellezza", racconta Franco, che insieme ai fratelli Gianni e Tino ha preso per mano l’eredità del Pinella e hanno continuato per 50 anni a fondere opere d’arte. Ora al laboratorio della piccola via Volturno c’è solo Franco che si avvale di giovani collaboratori. Nuove leve a cui trasmettere tutto il sapere, i ricordi, i segreti custoditi nella memoria e dentro quel laboratorio dove sono passati artisti del calibro di Arnaldo Pomodoro che ha affidato ai De Andreis la realizzazione delle sue monumentali opere.

Ora tutti quei segreti e i racconti di una vita passata tra sfere giganti e statue lucide, saranno svelati. Le porte della fonderia si aprono ai visitatori, da settembre, con le visite guidate. Un percorso nei meandri del laboratorio, tra i calchi in gesso, chili di cera, spazzole per lucidare e punteruoli per "coprire uno a uno i buchini che si formano dopo la colata", racconta il più giovane dei fratelli. Sarà lui a ricordare la volta che "abbiamo posizionato la sfera di Pomodoro davanti alla Rotonda della Besana: in piena notte, per non creare traffico sulle strade. Mica è stato facile portare un colosso da otto tonnellate e quattro metri di diametro. L’abbiamo alzata con una gru, a oltre dieci metri di altezza: si vedeva questa sfera che illuminava il cielo scuro". Quello che finora era un luogo segreto si apre per trasmettere la conoscenza di un’arte unica. La stessa che ha voluto vedere da vicino il critico d’arte di fama internazionale Philippe Daverio che ha visitato la fonderia insieme allo scultore milanese Adriano Pompa. Anche loro devono essere rimasti affascinati da quel mondo ardente che vuole ora togliersi di dosso l’alone del mistero e farsi scoprire, soprattutto dai bambini, dai ragazzi, dai giovani che potrebbero decidere di fare quello nella vita, di diventare artigiani e portare avanti una tradizione lunga secoli, "destinata a morire, se nessuno vorrà continuare questo mestiere", afferma preoccupato Franco. Eppure, questa vita, per il più giovane De Andreis ha significato tutto: "La pazienza, la fatica, la costanza. E l’amore, la bellezza. Essere il braccio di una mente che crea arte eterna".