La mamma coraggio di Pieve: "Il mio libro è speranza"

Mamma Giusy racconta l’incidente al figlio Davide e la sua rinascita dopo il lungo coma

Giusy Matranga con il figlio Davide, in mano il libro (Mdf)

Giusy Matranga con il figlio Davide, in mano il libro (Mdf)

Pieve Emanuele (Milano), 1 aprile 2018 - Giusy Matranga, la mamma coraggio  che ha raccontato in un libro come è cambiata la sua vita dopo il drammatico incidente avvenuto al figlio Davide dato per spacciato e risorto dopo un lungo coma e quattro anni di riabilitazione. Era il 16 gennaio del 2013 quando Davide, allora diciannovenne, rientrando a casa con un amico, venne investito da un’auto mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. Giusy Matranga 48 anni, mamma di due figli, l’altro si chiama Matteo, sposata con un Luca Protopapa, vigile del fuoco della caserma di Pieve, dopo quell’incidente e le notizie drammatiche che arrivavano dall’ospedale non voleva più vivere, poi la decisione di scrivere il suo diario «Non sono più ciò che ero, ma resterò quello che sono diventata» che le ha dato la forza di reagire e di aiutare Davide a rinascere.

Il libro racconta il dolore di una mamma e il suo cambiamento dettato anche dalle paure. Da quando in ospedale non volevano operarlo perché lo davano per spacciato al lungo coma passando poi per 11 interventi alla testa in 8 mesi. «Si tratta di un diario, un po’ duro, nel quale racconto le mie giornate vissute con Davide». Quando ha deciso di raccontare il dramma? Ho iniziato a scrivere il diario per raccontare tutto quello che capitava a Davide circa un mese dopo il ricovero, quando è uscito dal coma e si è risvegliato. Racconto il mio terrore, la mia rabbia e il mio cambiamento per accudire un figlio che nasceva per per la seconda volta. Ma è anche un libro denuncia perché una volta usciti dal San Raffaele, con mio figlio in situazione pietosa, non abbiamo rovato nessun centro idoneo alla riabilitazione delle persone con trauma encefalico come quello di Davide. 

Per questo sono dovuta stare lontano dalla mia famiglia per oltre un anno vivendo a Padova e Torino per andare in centri privati specializzati. La parte più emozionate e cruda del diario è quello che va dalla disperazione alla rinascita di Davide. Sì, a una settimana dall’incidente con Davide in coma pregavo perché volevo morire, non potevo vederlo in quelle condizioni, rifiutavo di mangiare e dormire. Dai medici arrivavano solo notizie terribili. Non sapevamo se sarebbe sopravvissuto e come. Poi una mia amica mi ha regalato un diario dicendomi di aprire il mio cuore e così l’ho fatto. Trascrivevo quello che io vedevo in Davide, giorno dopo giorno. Dopo 8 – 9 mesi dall’uscita dal coma ci siamo resi conto che era come un bambino, non parlava  e non ricordava nulla. Aveva anche perso il senso dell’orientamento tanto che non riusciva nemmeno ad andare dalla camera da letto al bagno. Dopo questo lungo percorso in cui mi sono ritrovata sola, con la mia famiglia, grazie all’amore e alla pazienza siamo riusciti a ricrescere Davide in tutto e per tutto. Oggi riesce anche a prendere il treno per andare a Milano e sta seguendo un corso di orientamento. Cosa vuol dire a chi vive un dramma come il suo? Non rassegnarsi mai. L’anima resta segnata a vita ma bisogna rimboccarsi le maniche e aprire il cuore. Tutto il ricavato del libro andrà in beneficenza al San Raffaele.