L'imprenditore cesanese: "Le mie invenzioni salvano vite"

Mauro Marangoni realizza dispositivi per la cura della talassemia e li esporta in tutto il mondo

Mauro Marangoni

Mauro Marangoni

Cesano Boscone (Milano), 17 agosto 2017 - In quella scatoletta lunga meno di una spanna c’è la speranza di vivere un’esistenza più lunga (e dignitosa) per chi ha avuto la sfortuna di ereditare un corredo genetico “difettoso”. I talassemici questa scatoletta la conoscono bene: la devono tenere addosso per dodici ore, in modo sistematico. Serve a infondere il farmaco che “pulisce” il sangue dopo le tante trasfusioni a cui sono sottoposti. A produrre quella scatoletta, che tecnicamente si chiama “attuatore temporizzato” ci pensa Mauro Marangoni nel suo laboratorio a Cesano, la Medser. La sua è una storia di rinascita: "Sa quando si perde tutto cosa succede? O ti butti giù, e finisci come tanti amici imprenditori che si sono ammazzati, o provi a riemergere", racconta Marangoni, 63 anni, che dopo il fallimento della sua ditta, con un socio scappato con i soldi, ha messo in piedi un commercio di cui ora è leader mondiale. "Siamo in quattro a produrre questi dispositivi ma io sono riuscito a guadagnarmi la fetta di mercato più ampia.

Questo perché scelgo con cura i componenti, penso sempre a chi dovrà utilizzarli. Esporto in Medio Oriente, Vietnam, Israele, Sud America. In questi paesi la talassemia, anche per la poca prevenzione, è in crescita. La speranza di vita per i pazienti è di massimo 40 anni: è una missione rendergli la breve esistenza migliore". Con lo stesso scopo, Marangoni, in stretta collaborazione con specialisti di fama internazionale, ha inventato un filtro grande come un centesimo che, applicato sopra l’ago, consente di abbattere le infezioni, "che si sono azzerate nei pazienti e non rischiano più di aggravare una patologia già mortale". La voglia di aiutare gli altri l’ha messa dentro a un’altra invenzione: "Uno screening che rileva subito i fattori di rischio, attraverso una goccia di sangue. Diventa fondamentale nei paesi dove è necessario risparmiare le risorse sanitarie o nei punti di approdo dei migranti". E a basso prezzo: "Il costo dei dispositivi lo tengo apposta basso, per consentire anche ai luoghi più poveri di poter accedere a cure che sono salvavita. Il progetto dello screening – prosegue l’imprenditore – potrebbe abbassare i costi del 200%". Una storia che inizia con 250mila euro di debiti e l’orlo del baratro e finisce con il riscatto, con la soddisfazione più bella, "quella di aiutare gli altri. Dalla crisi a una nuova vita dove ogni giorno conta per gli ammalati ciò che faccio. Sono l’espressione vivente del “mai arrendersi”".