Sting all’Arena. Mito? No grazie, penso al futuro

Questa sera il concerto evento

Sting

Sting

Milano, 29 luglio 2016 - Ogni cosa a suo tempo. Questa sera, sul palco dello Street Art Festival, inutile chiedere a Sting un primo assaggio di “I can’t stop thinking about you”, il singolo in radio dal 2 settembre ad anticipazione del (sospiratissimo) nuovo album “57th&9th” in uscita l’11 novembre. Quel pezzo, infatti, l’ex Police non l’ha eseguito nel Rock Paper Scissors, con cui ha girato fino alla settimana scorsa le arene nordamericane assieme a Peter Gabriel, e tutto lascia immaginare che manterrà l’embargo pure in questo ultimo scampolo di Back to Bass Tour, l’infinito giro di concerti che lo riporta ad Assago dopo il blitz dello scorso anno con l’unica tappa italiana di un On Stage Together condiviso con un altro titolatissimo compagno di strada quale Paul Simon. È dal 2011 che Gordon Matthew Thomas Sumner, come si chiama all’anagrafe da 64 anni, porta avanti tra un’esperienza in coppia e l’altra questo suo “greatest hits” dal vivo tutto muscoli ed energia. Una miscela esplosiva di passato prossimo e remoto (leggi Police o la cover di “Shock the monkey” dell’amico Gabriel) infiammata con la complicità di un quintetto in cui svettano le personalità di Vinnie Colaiuta alla batteria e di Dominic Miller alla chitarra. Ad aprire la serata sarà il figlio trentanovenne Joe Sumner, nato dal primo matrimonio di Sting con Frances Tomelly e già leader dei Fiction Plane.

Il 9 agosto ultima replica ad Antalya e poi si chiude. Il futuro, infatti, sta tutto tra i solchi “57th&9th”, album del ritorno discografico al rock dopo tredici anni passati dal Pungiglione a cullarsi nella musica elisabettiana di John Dowland (“Songs from the labyrinth”), nei canti tradizionali dell’inverno (“If on a winter’s night...”), nella rilettura sinfonica del repertorio Police (“Symphonicities”), ma pure nella deludente avventura broadwayana di “The last ship”, il musical ispirato alla storia dei cantieri navali di Wallsend chiuso dopo soli tre mesi di repliche nonostante la nomination a un Tony Award. In mezzo, naturalmente, la milionaria reunion dei Police del 2007 trasformata da due anni di tournée in un clamoroso successo commerciale cui non è corrisposto, però, un altrettanto esaltante bilancio umano. «È stato quasi come tornare a convivere con la moglie da cui hai divorziato» ammette oggi Sting. «Ero già scappato una volta e non ho voluto dare ascolto a quella parte di me che diffidava del ritorno di fiamma. Mi sono reso conto di non essere adatto alle operazioni nostalgia, anche se molto remunerative». L’incrocio fra la 9° Avenue e 57° Strada di New York a cui si richiama il titolo del nuovo lavoro sta lungo il percorso seguito dal musicista inglese ogni mattina nel tragitto tra la sua casa al Central Park e lo studio di registrazione. Un tuffo nel cuore di Manhattan che lascia in questa nuova fatica dieci canzoni inedite orientate sui cambiamenti climatici (“One fine day”), sui flussi migratori (“Inshallah”), sul vuoto lasciato dai tanti che hanno abbandonato in questi mesi lo stardom della musica (“50.000”).

«Si tratta della cosa più rock che mi sia capitato d’incidere da molto tempo a questa parte» ammette lui. «Una specie di òmnibus molto energico e rumoroso di tutto quello che fatto in vita mia». Merito di irrinunciabili compagni di strada come gli stessi Colaiuta e Miller, ma pure di nuove amicizie quali Jerry Fuentes e Diego Navaira del gruppo tex-mex di San Antonio The Last Bandoleros.