Milano, 7 gennaio 2011 - Settanta gli anni, se la leggenda di una pasionaria folk pop può pagare il tassametro del tempo. Joan Baez li compie il 9 gennaio e giustamente Sanremo a ricorda con una ballata popolare, libertaria e riparatoria, “Here’s to You”, come il film di Giuliano Montaldo su Sacco e Vanzetti, due anarchici italiani ingiustamente condannati a morte in America. Ennio Morricone scrisse la musica e lei i testi (Emma e i Modà ce ne renderanno conto al festival).

Un omaggio coerente al suo impegno politico di giovane cantautrice folk, dall’esordio trionfale al festival di Newport nel 1959, dopo la gavetta nei club di New York e Boston, nei campus della protesta, nelle manifestazioni pacifiste contro la guerra in Vietnam. Anni Sessanta condivisi con il giovane Bob Dylan, che amò e aiutò, scanditi da un inno globale: “We Shall Overcome”. Due album in studio e due “In Concert” documentano la libera rivisitazione di materiale tradizionale e originale, ma anche il suo rimanere fedele al folk revival dei primi anni ‘60, agli amici del Greenwich Village.

Il repertorio era quello dei grandi della musica popolare (e politica) americana, Woody Guthrie, Pete Seeger, il geniale Phil Ochs. Lo stesso del giovane Dylan. Il loro amore durò tre anni, dal 1962 al 1965, poi lei lo piantò davanti alle camere del film “Don’t Look Back”, girato durante il tour inglese. Bob elettrifica la sua musica, scandalizzando i puristi, Joan rimane nella musica popolare, anche se gli arrangiamenti sono ormai pop. Lui frequenta intellettuali e poeti, lei è una militante vera (il marito David Harris, renitente alla leva, finì in prigione). Newport e Woodstock si alternano alle marce per i diritti civili e alle dimostrazioni del campus di Berkeley. Il suo repertorio si aggiorna, canta anche le canzoni della sorella Mimi Farina (a Dylan dedica un doppio album), il suo impegno continua con il concerto per il Bangladesh (1971) e il Live Aid (ed è un suo record aver partecipatopartendo da Woodstock a tutti e tre i grandissimi eventi), a favore dei diritti umani, di lesbiche e gay, per l’ambiente, contro la guerra in Iraq e la pena di morte. Appoggia la campagna di Obama, ha registrato una versione di “We Shall Overcome” con versi in lingua iraniana per sostenere la protesta degli studenti di Teheran.

Voce pura e potente, newyorchese, figlia di un medico messicano e di una scozzese, insegnante di letteratura inglese, Joan ha interpretato con amore e umiltà il repertorio dei grandi (“Let It Be” dei Beatles, “Amsterdam” di Janis Joplin) e scritto di suo. “Farewell Argentina” è un altro suo grande successo con “Baby Blue” e “It’s All Over Now”, “Gracias a la vida” un omaggio alle sue radici latine. “Diamonds and Rust” il suo flash back su Dylan: diamanti e ruggine (album in cui canta anche Jackson Browne e Stevie Wonder). Con Bob ha rivissuto i vecchi tempi nella mitica Rolling Thunder Revue. Anche negli ultimi recital è l’indiscussa regina del folk che non è country. Non è rock.