La condizione dell’uomo fra cambiamenti e scelte

PassaggiI. D’identità, status, età: la condizione umana è un transito, carico di ruvidità e dolore

Milano, 5 novembre 2017 - PassaggiI. D’identità, status, età: la condizione umana è un transito, carico di ruvidità e dolore. E i cambiamenti implicano scelte e rinunce. E nostalgie. Ne sono densi i pensieri dei personaggi dei cinque racconti de “La brasserie di Ostenda” di Beda Romano, Giunti, a cominciare da François Laffont, potente funzionario dell’Eliseo, che di fronte all’emergenza d’una inondazione che travolge Parigi, vede incrinarsi il sistema di potere costruito in anni di furbizie, favori, corruzione. È il ritratto di “un’élite eticamente sfiancata”. L’uscita dalla crisi è ingombra di incognite. È la condizione d’incertezza degli altri personaggi: un pittore di successo incaricato di fare un ritratto del re del Belgio Leopoldo II e tentato di dare retta agli amici indipendentisti fiamminghi, assassinandolo; il figlio d’un politico di Riga che, partendo dal misterioso assassinio del padre, fa i conti con il passato del nazismo e del comunismo; due amici dei servizi segreti di Francia e Gran Bretagna incerti se rivelare un segreto di Bismarck sui veri confini del Reno; uno storico spagnolo in cerca delle spoglie di Leonardo.  La storia si impasta con le passioni umane. Pretenderebbe chiarimenti e riletture critiche. Il passaggio è carico di ombre. Ombre di malinconia, crollo di popolarità e fatica dell’invecchiare accompagnano i giorni e soprattutto le notti di Juan detto “Don Fuego”, cantante cubano, protagonista di “Dio non abita più all’Avana” di Yasmina Khadra, Sellerio: era una celebrità, s’era esibito per Fidel Castro e Gabriel Garcia Marquez ma si ritrova senza lavoro per la vendita del cabaret “Buone vista” a un gruppo di speculatori privati e dilapida il tempo tra ingaggi d’infimo livello e un’impossibile storia d’amore per una torbida ragazza.

Cambia Cuba, nella mezza svolta economica delle “privatizzazioni”. Resta una malinconica consolazione: “Non perdiamo mai del tutto ciò che abbiamo posseduto per lo spazio d’un sogno, perché il sogno sopravvive al proprio fallimento”. Passaggi sorprendenti. Tra l’avventura inaspettata e una travolgente storia d’amore. Che colpiscono Alfonso Delgado, un anziano giornalista italiano, protagonista di “Ultima notte a Lisbona” di Giovanni Valentini per Sem. Lui è stato una “firma” di successo (Valentini, da direttore di autorevoli testate, conosce bene passioni e limiti del mondo del giornalismo). Lei, Carol, è appena una ragazza, ferita da un difficile passato familiare. Sullo sfondo, la Lisbona delle inquietudini d’un grande poeta come Fernando Pessoa. C’è l’ombra d’una antica colpa. E il pericolo nuovo che si scatena, per la scoperta dei traffici, proprio in Portogallo, dei mafiosi pugliesi della Sacra Corona Unita , tra affari di droga e criminale mercato dei migranti. La storia d’amore tra Alfonso e Carol diventa più complessa, con le sfumature della differenza d’età. Finisce la passione, restano i ricordi. Come Pessoa insegnava.