"C’è ancora un ragazzo..." Gianni Morandi nell’era del selfie

Gianni, 70 anni fra poco, racconta il suo nuovo disco di Marco Mangiarotti

Gianni Morandi (Olycom)

Gianni Morandi (Olycom)

Milano, 27 novembre 2014 - Selfie. L’autoscatto di un ex comunista coerente. E del cantante che più ha segnato la canzone popolare italiana. Gianni Morandi presenta a Milano con un siparietto di chitarra e canzoni a richiesta che ricorda la tv in bianco e nero di Arbore il suo “Autoscatto 7.0”, «le canzoni scelte dai miei fan su Facebook. Trentatré, anche i duetti con Dalla e Amoroso. Ne ho scritte 600, ne mancano parecchie. Il titolo allude al mio compleanno, l’11 dicembre, 70. Canterò l’album, non so quando, dal vivo. Fra i progetti, non un varietà ma un film per la tv».

Per un giorno è venuto da Bologna a Milano. «L’astensione alle regionali in Emilia Romagna mi ha colpito doppiamente. Ci sono rimasto male perché la gente è rimasta a casa e meravigliato che anch’io, per la prima volta, non avevo voglia di votare. La vittoria mi sembrava comunque scontata ed ero deluso dagli scandali. Ho vissuto la lunga parabola della sinistra da Togliatti a Renzi e non so se sarebbe stato il nostro leader ai tempi di mio padre. In Emilia, di certo, c’è uno zoccolo duro più a sinistra del Presidente del Consiglio».

Tre gli inediti, il singolo “Io ci sono” è un manifesto onesto e credibile, come lui. «Finché tu ci sei, io ci sono», canta Gianni (firmano anche Saverio Grandi, Emiliano Cecere), la produzione e gli arrangiamenti sono di Diego Calvetti. “Lascia il sole” e “Amor mio”, che «ha vinto un Nastro d’Argento», li ha scritti Cesare Cremonini per la colonna sonora di un film “Padroni di casa” (2012) di Edoardo Gabbriellini. Con Valeria Bruni Tedeschi, Elio Germano e Valerio Mastrandrea. Noir inquietante, il paesino dell’Appennino Tosco Emiliano sembra Monghidoro, ma «le mie radici sono diverse. Ci sono ancora i raduni degli alpini, i racconti di guerra, la solidarietà».

Ricorda che «al mio primo provino alla Rca, non avevo ancora 17 anni, c’erano Ennio Morricone, Luis Bacalov e Franco Migliacci. Morricone mi ha lasciato 58 arrangiamenti. Alla Rca era finito anche Lucio Dalla, con qualche difficoltà, anche se l’aiutava Gino Paoli. Ci davamo una mano, quando io ero su e lui giù e viceversa. Alla fine degli anni ’80 abbiamo fatto un album e un tour. Mogol e Lavezzi ci portano una canzone che era stata scritta per Mina. Cominciava con “Caro in te ci credo”. Non si poteva fare. Allora è diventata “Vita in te ci credo”». Lui vive in collina, sopra Bologna, «dove ritrovo il sapore, il profumo, il mio dialetto. Ci vivono le mie sorelle, gli amici, i musicisti».

In scaletat la colonna sonora della nostra vita. “Fatti mandare dalla mamma” («una specie di incubo ma quando la canto la gente sorride»), “C’era un ragazzo che come me amava...” («purtroppo c’è ancora sempre un Vietnam nel mondo»), “Non son degno di te”, “Occhi di ragazza”, “Bella signora”. «Raccontano una storia di grandi successi e di buio totale, durante il quale sono finito nel quasi anonimato. In pratica ho vissuto due carriere diverse».

La canzone più votata sul social è stata “Uno su mille”. «Forse perché siamo in un periodo di crisi. Il peggio è che non si vede nessuna luce all’orizzonte alla quale guardare con speranza, a parte qualche parola di Papa Francesco».