Finardi story in 40 anni di canzoni al Blue Note

Il cantante torna sul palco con un nuovo progetto in cui scava ancora più a fondo nelle canzoni

Eugenio Finardi

Eugenio Finardi

Milano, 11 gennaio 2018 - Parola valigia. Finardimente. Eugenio suona il 12 e 13 gennaio al Blue Note, aperta la prevendita del secondo set alle 23,30, si replica vicino il 24 febbraio a Iseo, il suo nuovo progetto, dopo “Acustica”, “Suono”, “Il Silenzio e Lo Spirito” e “Parole e Musica”. Aggiungo il Blues e i 40 anni di “Musica Ribelle”, l’anello più importante, perché qui si scava nell’immaginario delle sue canzoni. Eugenio torna sul palco con un nuovo progetto in cui scava ancora più a fondo nelle canzoni. “Sto suonando con il chitarrista, seduto sul divano. Feste in famiglia, ammalati, i figli ormai grandi se ne sono andati fuori. Mia nipote Federica, invece, suona nella band. Ha fatto il percorso inverso, dall’America all’Italia, rispetto a me: diploma in violoncello a Firenze, un figlio con un chitarrista jazz purtroppo. Io odio il jazz, dal be bop a Coltrane. Il primo chitarrista per me è stato Jeff Beck e il secondo Jimi Hendrix. “Finardimente” è un ripercorrere i luoghi della memoria in senso proustiano, dopo il fondamentale passaggio di 40 anni di “Musica Ribelle”. Riascoltare in cuffia i nastri originali multitraccia mi ha restituito l’atmosfera delle sedute di registrazione, i commenti dei musicisti (compagni riaccordare!), le code strumentali, più che in un video. Siamo in un’epoca dell’immagine in cui serve invece ascoltare e riascoltare. Esperienza non solo sensoriale ma molto più potente”. Gli anni della Cramps, di “Non gettare alcun oggetto dai finestrini”, “Sugo”, “Diesel”, “Blitz”.

“É stato un colpo di frusta avendo 65 anni, l’analisi di quel che è stato e adesso è il ‘68, perché la mia vita è testimoniata in ogni sua fare da canzoni. Finardi è l’evoluzione di Eugenio e del suo pubblico. Ho capito che io sono quello che sono ma anche quel che sono per te. Così “Finardimente” parla di questo, del privilegio di avere un immaginario pubblico. Sempre più spesso, quando le persone mi aspettano a fine concerto, mi ringraziano per ciò che ho rappresentato nelle loro vite (non mi chiedono un autografo). Da ragazzo questa cosa mi inorgogliva, adesso invece sento principalmente gratitudine e rispondo che sono io a ringraziare loro perché è attraverso la loro percezione che sono diventato la persona che sono”. Scaletta che illustra come “allora il privato fosse sempre politico e che io non ho quasi mai scritto canzoni d’amore per una donna ma sull’amore, come “Un uomo”. Ascolterete “Musica ribelle”, acustica come l’ho scritta, ma anche “Le ragazze di Osaka” e “Con questi occhi”, “I fiori del maggio”, per capire meglio quegli anni. “Nuovo umanesimo” perché si arriva ai giorni nostri. La parte pop è “Extraterrestre”, che raccontava però un’altra storia. In fin dei conti in “Sugo” c’era anche una “Ninna Nanna”. Ero un italo americano diviso fra le mie due anime (Trump ha risolto definitivamente il dilemma)”. Ci saranno chicche come “Il Vecchio Sul Ponte” e “Shamandura”. Sul palco con lui, Giovanni “Giuvazza” Maggiore alle chitarre, Claudio Arfinengo alle percussioni, Marco Lamagna al basso e Federica Finardi Goldberg al violoncello.