La battaglia del padre di Sonia Di Gregorio: "Le denunce inascoltate di mia figlia. Da 14 anni lotto per avere giustizia"

Sono trascorsi più di 14 anni da quel terribile 21 gennaio 2000, quando sua figlia Sonia, 20 anni, mamma da 3 di una bimba, fu sgozzata nell’abitazione di Cino, un presepe di case arroccate sulla sponda soliva delle alpi Retiche, in Valtellina, dal marito Francesco Gussoni, allora 28enne dal quale si stava separando di Michele Pusterla

Sonia Di Gregorio uccisa a coltellate a soli 20 anni

Sonia Di Gregorio uccisa a coltellate a soli 20 anni

Cino (Sondrio), 25 novembre 2014 - Sono trascorsi più di 14 anni da quel terribile 21 gennaio 2000, quando sua figlia Sonia, 20 anni, mamma da 3 di una bimba, fu sgozzata nell’abitazione di Cino, un presepe di case arroccate sulla sponda soliva delle alpi Retiche, in Valtellina, dal marito Francesco Gussoni, allora 28enne dal quale si stava separando, stanca di subire i suoi soprusi, le sue violenze, i suoi modi maneschi. Quel giorno papà Paolo Di Gregorio, origini siciliane, una vita di lavoro in Svizzera nel campo dell’elettronica, non lo dimenticherà mai. Come, del resto, il lungo, interminabile calvario che ne è seguito. GIOVANE Sonia Di Gregorio uccisa a coltellate a soli 20 anni

«L’altro giorno partecipando a Tirano all’incontro contro la violenza alle donne - dichiara Paolo Di Gregorio, oggi vicepresidente dell’Associazione italiana vittime della violenza - ascoltando i genitori della valtellinese Veronica Balsamo, la 23enne cameriera di Grosio secondo le indagini uccisa dal fidanzatino ora in carcere, ho rivisto la mia storia, sono ritornato indietro di quasi 15 anni. L’Associazione di cui sono vice presidente ha voluto promuovere questo incontro per portare loro solidarietà e sostegno in questa lunga e difficile lotta al male oscuro che miete troppe vittime».

«Mia figlia – ricorda Di Gregorio – aveva presentato in Procura a Sondrio dettagliate denunce contro il coniuge dal quale si stava separando, denunce per minacce, stupro e altre violenze. Ma vennero dimenticate nel cassetto, e così qualche tempo dopo fu ammazzata con un coltello da sub dal marito. Era andata nella casa a ritirare le ultime sue cose e lui la aggredì, poi si allontanò simulando un tentativo di suicidio».

Francesco Gussoni, ritenuto totalmente infermo di mente nel primo processo, fu poi condannato in Appello a Milano a 12 anni e 4 mesi di reclusione, più un minimo di 3 anni di manicomio giudiziario. «Nel 2006 tornò in libertà, grazie all’indulto - ricorda il genitore della giovane vittima, fioraia a Morbegno -, ho combattuto perché si riesaminasse il suo caso. Il giudice di sorveglianza stabilì che dovesse ritornare in Opg, in quanto ancora pericoloso e non guarito. Subito dopo l’indulto trascorse un periodo in una struttura protetta di Biella e il conto, 80 euro al giorno, fu pagato dal Comune di Cino, per un totale di 2.500 euro. Quindi contribuì al pagamento anche la mia famiglia. L’allora sindaco Basilio Lipari chiese allo Stato il rimborso, senza ottenere risposte».

Oggi il suo ex genero dove si trova, cosa fa?

«È completamente libero dal 2010, fa il vigneron ad Asti – la risposta –. Tempo fa abbiamo ottenuto che non possa entrare in Lombardia perché aveva manifestato l’intenzione di tornare a vivere in Valtellina per rivedere la figlia che, tra pochi giorni, compirà 18 anni. L’abbiamo cresciuta io e mia moglie Mirella, non porta più il suo cognome. Ha studiato, è una gran brava ragazza, spera di trovare presto un posto di lavoro come parrucchiera».

Ma la battaglia di Di Gregorio, 66 anni, non è ancora finita: «Più che con Gussoni ce l’ho con i magistrati che non l’hanno fermato in tempo. Un anno fa ho presentato l’ultima denuncia in Tribunale a Milano per avere giustizia. Se non vedrò riconosciuti i miei diritti, mi rivolgerò alla Corte europea di giustizia. Nel frattempo l’Associazione italiana vittime di violenza resterà vicina alla famiglia di Veronica, in vista del processo».