Rigamonti, corsi di formazione e molti operai potrebbero essere ricollocati

Anche per i 46 operai in esubero della Rigamonti si potrebbe aprire l’opportunità di frequentare corsi di formazione professionali legati alle politiche attive di rete, il progetto promosso e finanziato dalla Regione Lombardia, già in fase di adozione in altre realtà industriali valtellinesi in crisi, come la Riello di Eleonora Magro

Il salumificio Rigamonti

Il salumificio Rigamonti

Mazzo di Valtellina (Sondrio), 22 ottobre 2014 - Anche per i 46 operai in esubero della Rigamonti si potrebbe aprire l’opportunità di frequentare corsi di formazione professionali legati alle politiche attive di rete, il progetto promosso e finanziato dalla Regione Lombardia, già in fase di adozione in altre realtà industriali valtellinesi in crisi, come la Riello. La proposta è stata annunciata ieri mattina dalle sigle sindacali Flai Cgil, Fai Cisl e Uil all’incontro con i vertici aziendali del salumificio in fase di ristrutturazione (con 108 esuberi totali), accanto alla definizione della mobilità incentivata per i lavoratori e il punto sugli investimenti che l’azienda intende fare negli stabilimenti di Poggi e Mazzo.

«Abbiamo già preparato una lettera con la richiesta al presidente della Provincia Luca Della Bitta di convocare un tavolo istituzionale sull’opportunità di avviare percorsi formativi, estendendo però questa opportunità alle 15 aziende del settore e riunite nel Consorzio di tutela della bresaola di Valtellina - spiega Vittorio Boscacci della Flai Cgil -. Puntiamo ad avviare percorsi e tirocini all’interno di queste aziende professionalizzando lavoratori già abilitati all’interno del distretto valtellinese della bresaola. Questo consentirebbe la tutela dei lavoratori, l’inserimento di persone già preparate e l’importanza di mantenere il marchio Igp completamente valtellinese. A conti fatti se le 15 aziende del territorio riunite nel consorzio si prendessero a carico tre operai della Rigamonti avremmo risolto la crisi del salumificio».E’ stata rimandata al 29 ottobre in Confindustria la firma del nuovo accordo sulla mobilità incentivata per i 46 operai impiegati nei tre stabilimenti: «Dobbiamo vedere se qualcuno vuole uscire con un incentivo - dice Boscacci - le cifre sono diverse, se per gli altri 62 operai già usciti in mobilità (persone sopra i 50 anni che tra 3-4 anni andranno in pensione) la “buona uscita” è stata di 7mila euro lordi, adesso l’incentivo è di due stipendi netti».

L’azienda ha confermato il piano di investimenti di 1.500.000 euro «sugli stabilimenti di Poggi e Mazzo, rimane invece in dubbio l’apertura della sede di Montagna - chiarisce Boscacci -. Di fatto il piano dell’azienda con l’acquisto di nuove macchine prevede l’esubero di personale che però potrà essere impiegato in un altro reparto. Rimarranno in essere 130 posti su 264, compresi gli amministrativi». Il 31 ottobre infine i sindacati si riuniranno in assemblea con i lavoratori per discutere dell’accordo sulla mobilità e il progetto dei corsi di formazione. «Conto sulla sensibilità delle aziende del settore, è in questi momenti di crisi che un’azienda del territorio può fare qualcosa per il territorio» conclude Boscacci.