Sondrio, i profughi sui banchi del «Besta» per imparare il lavoro di elettricista

I pareri dei docenti del capoluogo valtellinese: «Questi ragazzi sono impegnati a costruirsi una professione per il futuro»

Uno dei migranti partecipanti ai corsi  di formazione professionale mentre  è impegnato nell’istituto del capoluogo

Uno dei migranti partecipanti ai corsi di formazione professionale mentre è impegnato nell’istituto del capoluogo

Sondrio, 5 maggio 2015 - Si è appena concluso presso l’istituto «Besta-Fossati» cittadino il primo modulo di formazione per 12 profughi provenienti soprattutto dall’area nord africana.

«Abbiamo accolto favorevolmente una proposta della Provincia per attivare due corsi di formazione per i richiedenti asilo e rifugiati, anzitutto perché il nostro istituto è votato non solo all’istruzione, ma anche alla formazione professionale. Ma era anche importante dare una risposta ai bisogni di persone in difficoltà, aprendosi al territorio in uno scambio reciproco costruttivo. La valenza sociale ed umana di questo progetto è resa possibile dalle risorse umane e specialistiche del nostro istituto con laboratori di settore gestiti da qualificati professionisti», ha dichiarato Giovanna Sciaresa, dirigente scolastico del «Besta-Fossati».

Un invito accolto anche da parte della cooperativa «Lotta contro l’emarginazione» con la referente Graziella Corbo che segue per il Ministero degli Interni il percorso di accoglienza e formazione professionale di tanti profughi giunti in Italia coi barconi «della speranza o della morte», a cominciare dal primo corso di alfabetizzazione, fino a quello della qualifica professionale.

Gli studenti «maturi» provenienti dal Mali, dal Niger, dalla Nigeria, dal Ghana, dal Gambia, dal Ciad, dal Pakistan e il Bangladesh, sono stati seguiti con professionalità da Gian Mario Palotti, professore di Laboratorio tecnologico per l’area idraulica, e da Christian Gosatti per il laboratorio del settore elettrico, per un primo corso di formazione rispettivamente di 40 ore intensive, soprattutto pratiche.

«I migranti si sono dimostrati molto motivati ed entusiasti dell’offerta formativa affrontando l’impiantistica zincata e multistrato e le tecniche di assemblaggio. L’unico scoglio, la lingua italiana, ma si sono sempre aiutati l’un l’altro, sostenendosi a vicenda o con l’ausilio di un traduttore simultaneo», ha detto il professor Palotti.

L’altro gruppo si è cimentato con l’impiantistica elettrica, partendo dalle basi dell’attrezzatura, delle normative, dei dispositivi di protezione individuale.

«Sono sempre stati molto educati, puntuali nel loro impegno, interessati al punto da rinunciare all’intervallo pur di imparare un mestiere che potrebbe garantire loro un futuro per le loro famiglie. E, quel che non guasta, sono stati felici d’imparare, anche cantando, pulendo il loro laboratorio, venendosi incontro, nel pieno rispetto degli orari», ha aggiunto il professor Gosatti che ha visto allievi impegnati fino in fondo e che successivamente potranno aderire a stage in aziende del territorio per mettere a frutto le proprie competenze acquisite sul campo. Un impegno che è andato oltre il proprio credo religioso (c’erano cristiani, mussulmani e induisti) e la propria nazionalità, scoprendosi veri cittadini del mondo, ospitati da un’Italia meravigliosa che offre loro una possibilità di un futuro migliore.