Processo di Brusio, accusato di duplice omicidio: gli amici fanno colletta e pagano l'avvocato Taormina per difenderlo

Ezio Gatti è accusato di essere il mandante della mattanza di Brusio di Susanna Zambon

Carlo Taormina

Carlo Taormina

Sondrio, 4 luglio 2014 - Un'amicizia decennale e molto forte, tanto da spingerlo a dar vita ad una colletta tra i conoscenti per pagare all’amico il miglior avvocato sulla piazza. Di questo si è parlato ieri mattina in aula nel corso del processo in Corte d’Assise per il duplice omicidio dei coniugi Gianpiero Ferrari e Gabriella Plozza, uccisi nella loro abitazione di Brusio, in Svizzera. Sul banco dei testimoni Andrea De Marzi, grande amico di uno dei due imputati, Ezio Gatti, 43enne di Castione Andevenno, accusato di essere il mandante della mattanza (l’esecutore materiale secondo l’accusa sarebbe il moldavo Ruslan Cojocaru, coimputato nel processo sondriese). «Siamo amici da anni, mi fido ciecamente di lui – ha detto in aula -. Quando è stato arrestato ho fatto una colletta e con altri amici e conoscenti siamo riusciti ad assumere l’avvocato Carlo Taormina per la sua difesa». Ma non è questo l’aspetto che interessava al presidente della Corte d’Assise di Sondrio, il dottor Pietro Della Pona, che ha condotto l’interrogatorio . «È vero – ha affermato De Marzi, sempre presente in aula tra il pubblico durante tutte le udienze – mia moglie ha venduto per novemila euro a Ezio un’auto, che poi è finita nelle mani di Ruslan Cojocaru. Ci è stata pagata in contanti. Mi fido di lui, non ho mai avuto dubbi, nemmeno quando mi ha fatto firmare un documento (risultato poi essere una falsa fattura di vendita di un cavallo a Sergio Paganini, anche lui imputato, ma in Svizzera, per l’omicidio dei coniugi Ferrari oltre confine, ndr.)». È emerso durante l’udienza di ieri che il cavallo in questione era dello stesso Paganini, che lo teneva nel maneggio di Busteggia e aveva bisogno di una fattura, fatta emettere a Gatti, per poterlo portare oltre la dogana in Svizzera. Insomma, una serie di giri poco chiari, ma sul punto è voluto intervenire lo stesso imputato di Castione. «Era tutto fatto alla luce del sole – ha affermato – altrimenti non avrei comprato un’auto dal mio migliore amico per darla a Cojocaru ben sapendo che si sarebbe subito risaliti a me. Non avevo niente da nascondere». Venerdì prossimo nuova udienza, verrà risentito il maresciallo dei carabinieri Alberto Schiavone. Poi si tornerà in aula ad ottobre, quando i due imputati, lo ha anticipato ieri l’avvocato Rossella Sclavi, renderanno spontanee dichiarazioni. 

 

di Susanna Zambon