Alpinisti morti sul Monte Disgrazia: "Avremmo potuto salvare Giuseppe Gritti"

"Era messo molto male, accanto a lui i tre amici erano già morti. Mi ha detto che era stato lui a trascinare giù tutti quanti, che era scivolato sul ghiaccio. Era aggrovigliato tra le corde, lo abbiamo liberato e coperto con il nostro telo termico. Il telefono non prendeva, siamo dovuti scendere fino al rifugio" di Susanna Zambon

Tragedia sul monte Disgrazia (Orlandi)

Tragedia sul monte Disgrazia (Orlandi)

Val Masino (Sondrio), 3 settembre 2014 - «Se ci fosse stato campo, se avessimo potuto chiamare i soccorsi, forse Giuseppe Gritti sarebbe ancora vivo». Alcuni giorni dopo la tragedia avvenuta in Valmasino sul monte Disgrazia, sul quale hanno perso la vita quattro alpinisti brianzoli (Giuseppe Gritti, 46enne di Mezzago, Giuseppe Ravanelli, 46 anni, di Sulbiate, Mauro Mandelli, 46enne di Brugherio e Alberto Peruffo, 51 anni, di Veduggio con Colzano), in Valtellina, inevitabilmente, si pensa a come sarebbe stato possibile evitare quelle morti. Sin dai primi momenti, è stato chiaro che le condizioni meteorologiche erano talmente critiche da scoraggiare una salita tanto delicata. Due amici dei quattro alpinisti, infatti, ad un certo punto hanno deciso di desistere e tornare indietro, e così si sono salvati la vita. Ora, però, sotto accusa finisce anche un aspetto che in provincia di Sondrio non è certo nuovo: l’assenza di campo per i cellulari in diverse zone tra le nostre valli.

È il primo soccorritore degli alpinisti, Alessandro Campi, un 41enne milanese che stava effettuando la stessa salita dei brianzoli e si trovava poco lontano dal luogo della tragedia, a sollevare la questione. L’uomo si trovava con un’amica, ha sentito Giuseppe Gritti, l’unico rimasto in vita dopo il volo per 500metri nel crepaccio, che invocava aiuto. «Era messo molto male, accanto a lui i tre amici erano già morti – ha raccontato agli inquirenti -. Mi ha detto che era stato lui a trascinare giù tutti quanti, che era scivolato sul ghiaccio. Era aggrovigliato tra le corde, lo abbiamo liberato e coperto con il nostro telo termico. Il telefono non prendeva, siamo dovuti scendere fino al rifugio Ponti per trovare segnale e chiedere aiuto».

E aggiunge: «L’elicottero non riusciva a salire per via del maltempo, l’unica possibilità era che i soccorritori andassero sul posto via terra, ma purtroppo quando sono arrivati era già morto». Se avessero potuto chiamare dal luogo della tragedia forse Giuseppe Gritti avrebbe avuto una possibilità in più di sopravvivere, e Alessandro Campi si sfoga: «Succede solo in Italia che ci siano zone scoperte dal segnale. Sono arrabbiatissimo, Giuseppe forse si sarebbe potuto salvare se solo fossi riuscito a fare una semplice telefonata».

Susanna Zambon