Sondrio, "In ospedale mi hanno provocato un infarto"

La dottoressa: "Quanto accaduto durante la procedura di angioplastica costituisce una complicanza che non è stata omessa"

Sondrio, Vito Lenoci di 67 anni fu ricoverato in Cardiologia

Sondrio, Vito Lenoci di 67 anni fu ricoverato in Cardiologia

Sondrio, 29 luglio 2016 - «Mi hanno provocato un infarto in ospedale a Sondrio - almeno di questo sono convinto, poi per carità si sarebbe dovuta fare una perizia da un medico indipendente e autorevole che io non sono - e il reparto di Cardiologia diretto dalla dottoressa Emanuela Tavasci non me l’ha detto. Non ritengo sia giusto tenere all’oscuro il paziente, anche per le possibili conseguenze a cui lo stesso potrebbe andare incontro una volta dimesso...». A parlare è Vito Lenoci, 67 anni, residente a Sondrio, venutoci a trovare ieri in redazione una volta appreso da «Il Giorno» del 58enne di Valfurva morto poche ore dopo essere stato sottoposto a una coronarografia e letta la replica del primario.

"A dicembre 2015 - racconta il pensionato - stabiliscono di procedere con una coronarografia esplorativa, in quanto i miei tessuti risultano rovinati dalla chemioterapia di 12 anni prima per un tumore maligno debellato in una struttura ospedaliera di altra provincia, non a Sondrio. Poi a gennaio dicono che avrebbero proseguito con angioplastica in 2 fasi per liberare le arterie otturate. Finchè ad aprile eseguono il 2° esame, mi dissero che avrei dovuto fermarmi in corsia solo 3 giorni. Invece vedo che mi prolungano la permanenza in ospedale e, addirittura, mi trasferiscono per due notti in Unità coronarica e non ne capivo il motivo. Solo un cardiologo mi riferisce che, durante l’angioplastica, ho avuto un infarto. Ma, invece, i medici addetti alle visite mi nascondono la verità".

"In seguito al mio risentimento - prosegue l'uomo -  in quanto continuavo a non comprendere perchè non mi dimettevano, finalmente appare il primario Tavasci al quale chiesi espressamente se avessi avuto qualche complicanza e lei mi rispose di no, aggiungendo che tutto andava bene. Allora continuavo a non capire perchè il mio ricovero non terminava. Alle dimissioni, il 19 aprile, ho deciso di approfondire, anche perchè non c’era scritto sulla carta di dimissioni che avevo avuto un infarto. E ho scoperto, con la cartella clinica fatta visionare ad altri medici, che i miei sospetti erano più che fondati: ero stato, infatti, realmente colpito da un infarto miocardico. Che mi è stato incredibilmente nascosto... A Milano, quando mi curarono e guarirono molto bene dal tumore, mi tenevano informato passo dopo passo. Non le nascondo che mi auguro di non avere più bisogno di essere ricoverato in Cardiologia, a Sondrio. Come, ovviamente, di non avere mai più bisogno di medici".

L'ex paziente ha, pertanto, deciso di scrivere al dg dell’Asst Valtellina-Alto Lario, dottoressa Giuseppina Panizzoli, per chiedere spiegazioni, «riservandosi di adire altre azioni». Il reclamo, protocollato il 3 maggio, ha avuto rapida risposta. La dottoressa Tavasci ha evidenziato - leggiamo nella risposta - che «quanto accaduto durante la procedura di angioplastica costituisce una complicanza che non è stata omessa nè a lei, nè nella lettera di dimissioni e che non può risultare come prima diagnosi. Il prolungarsi della degenza (da 3 a 6 giorni) era finalizzata ad assicurare un ulteriore controllo del paziente. La medicina non è una scienza esatta». Per quanto attiene l’aspetto relazionale, il direttore di Struttura di Cardiologia (cioè sempre la dottoressa Tavasci) afferma che «ho costantemente vigilato sulla salute del paziente giorno per giorno, ero a conoscenza del suo quadro clinico e il ruolo di un direttore prevede anche di lasciare spazio ai collaboratori nella gestione dei pazienti».