Sondrio, bombe d’acqua e caldo record: "Siamo un territorio a rischio frane"

Il direttore del centro di monitoraggio: decine di casi solo a Sondrio

Il crollo di 15mila metri cubi di terra a Livigno

Il crollo di 15mila metri cubi di terra a Livigno

Sondrio, 30 giugno 2016 - Imponenti, bellissime e fragili come il cristallo. Sono le montagne di Lombardia che in questo avvio d’estate ci hanno dato più di un grattacapo: una sequela di frane e smottamenti che si sono susseguiti da Livigno a Santa Caterina Valfurva. Ieri altri massi sono caduti a Bormio e la statale dello Stelvio è stata chiusa. Luca Dei Cas, direttore del Centro Monitoraggio Geologico di Arpa Lombardia, è tra i massimi esperti in Italia di questi fenomeni. Insieme alla sua equipe da anni monitora lo stato di salute delle catene montuose nella nostra regione, censendo migliaia di fenomeni franosi alcuni dei quali, i più pericolosi, vengono monitorati 24 ore su 24 grazie a un sistema di rilevazione satellitare. Un controllo continuo, in tempo reale, per cercare di capire gli spostamenti.

Dottor Dei Cas, siamo un territorio a rischio frane?

«Per molti versi sì, ci sono inventari nazionali, in particolare la banca dati si chiama Geoiffi, che su tutte le regioni censisce il numero di frane, delimitandole anche spazialmente. La Lombardia è ai vertici di questa classifica, tenendo però presente che questo censimento delle aree di frana cataloga sia fenomeni di piccole dimensioni sia eventi molto pericolosi, in grado di muovere milioni di metri cubi di materiale. Nella nostra regione ci sono molte frane, in particolare concentrate nella zona Alpina e Prealpina e in parte minore nell’Appennino Pavese. La provincia più colpita, o almeno che ha il maggior numero di frane in relazione al suo territorio, è quella di Sondrio».

Quante sono?

«Stiamo parlando di decine di migliaia di frane. Anche perché si va a censire dal fenomeno piccolo a quello grande. Su fenomeni di interesse regionale vengono installati sistemi di monitoraggio. Attualmente teniamo sotto controllo ventisette fronti di frana in tutta la regione».

Quali sono i segnali che ci avvisano del pericolo?

«La frana ha un fenomeno predisponente determinato dalla geologia, quindi si studia la litologia del territorio (l’analisi dei caratteri fisico-chimici che definiscono l’aspetto e il tipo di una roccia ndr), la presenza di faglie. Poi ci sono dei fenomeni scatenanti, spesso legati alle condizioni meteorologiche: la presenza di acqua nel terreno, lo scioglimento della neve».

Le piogge repentine influiscono?

«Assolutamente sì, pensiamo alle bombe d’acqua che abbiamo visto anche nelle ultime settimane, alcune di loro sono di entità tale che escono da tempi di ritorno centennali. Fenomeni assolutamente imprevedibili che generano grandi problemi. Il cambiamento climatico specie nelle zone di montagna si sta sentendo fortemente negli ultimi decenni. Da un lato la maggiore presenza di acqua nel terreno, dall’altro l’innalzamento delle temperature che porta allo scioglimento del permafrost».

Di cosa si tratta?

«Il permafrost è una forma di ghiaccio interstiziale che sta all’interno del terreno e delle rocce, anche in profondità. Da noi lo troviamo in territori di alta montagna, il cambiamento climatico fa sì che questo ghiaccio si sciolga e quindi questa forza coesiva venga meno».

Gli abitanti della Lombardia si devono preoccupare?

«Il sistema lombardo è considerato un’eccellenza rispetto alla prevenzione del rischio idrogeologico. Basti dire che dalle altre regioni e anche dagli altri Stati vengono a studiare come abbiamo sviluppato il nostro modello di prevenzione e monitoraggio».