Invitti, una storia lunga 68 anni: "Per noi la grappa non ha segreti"

L’azienda valtellinese produce in media 50mila bottiglie ogni anno

Grappe Invitti

Grappe Invitti

Sondrio, 21 dicembre 2016 - Siamo abituati a pensare che la filiera vitivinicola si esaurisca con la produzione e successiva commercializzazione del vino. C’è invece tanto altro che sopravvive alla vinificazione, un modo di proprietà organolettiche, di tratti aromatici che vanno dalla marasca alla ciliegia e all’uva sottospirito, imprigionato nella vinaccia e poi liberato nella grappa tramite distillazione. L’azienda sondriese fondata nel 1948 da Enrico Invitti, che attualmente distilla quasi l’80% delle vinacce di Nebbiolo valtellinese, producendo mediamente 50mila bottiglie l’anno, lo conosce bene e vuole veicolarlo. Anche a chi non è abituale consumatore di questo prodotto alcolico, così intimamente legato alla provincia.

Come primo step del percorso teso a colmare la scarsa conoscenza della materia registrata in Valle, Invitti ha dato vita alla delegazione provinciale Adid, Associazione degustatori italiani grappa e distillati. Più che positivo il bilancio del primo anno, con 16 iscritti, che a breve riceveranno l’esito dell’esame finale, ed esperti nazionali che, nel corso delle lezioni, hanno svelato i segreti del ricco e non semplice mondo dei distillati, attraverso «un percorso di rieducazione sensoriale che porta a riflettere e insegna a degustare», spiega Egidio Invitti, 23 anni, rappresentante legale della distilleria avviata dal bisnonno. Spesso vissuta come mero dopo pasto, magari in accompagnamento al caffè, la grappa si presta invece ai più svariati abbinamenti. Formaggi, ad esempio, ma anche e soprattutto dolci, dal classico cioccolato al più elaborato panettone.

Grappe Invitti
Grappe Invitti

«Vorremmo attivare collaborazioni, stringere rapporti con la ristorazione e con le scuole professionali», spiega. C’è tanto lavoro da fare per aumentare sensibilità e conoscenza in quest’ambito, parte integrante della filiera vitivinicola. Se il Nebbiolo valtellinese ci ha messo parecchio a farsi “capire”, si può immaginare la fatica di un prodotto ancor più di nicchia, ma il desiderio di crescere è più forte di qualsiasi ostacolo. «Quando si parla di filiera vitivinicola, normalmente ci riferisce solo alla lavorazione dell’uva. In realtà essa comprende anche il processo di distillazione e trasformazione dei sottoprodotti per ottenimento di altre merci e, successivamente di energia/calore, nel segno dell’ecosostenibilità», prosegue.

«I residui, che potrebbero rappresentare un problema, diventano materia prima da cui ricavare prodotti a km zero di elevato valore commerciale, operando al contempo il riciclo di materiale di scarto potenzialmente inquinante. Al momento, quest’ultimo passaggio lo facciamo fuori regione, ma sarebbe utile che le strutture locali deputate alla produzione di energia e calore lo prendessero in considerazione», aggiunge. Supportato dal padre Gianfranco, che ha deciso di proseguire l’attività, e dalla madre Carmen (entrambi medici), Egidio Invitti si sta dedicando all’azienda che, in questo modo, differentemente da altre realtà sofferenti per il mancato ricambio generazionale, ringiovanisce e si rinvigorisce. Recente è stata ristrutturata la sede di via Lungo Mallero Cadorna, con creazione della sala degustazione per un assaggio di prodotti e storia. Proprio in questi giorni, tra l’altro, è in corso la distillazione 2016. Passando di lì, il miglior biglietto da visita è nell’aria: l’odore intenso di vinaccia che riporta immediatamente ai declivi terrazzati e alla fatica che, ogni anno, si consuma per lavorarli. Una fatica che finisce non solo nel bicchiere di vino ma anche in quello di grappa.