"Strada chiusa per rischio frane", a farne le spese il rifugio Scotti

I titolari: il Tar ha accolto il ricorso, ad altri consentito il transito

Val Masino, rifugio Scotti (Orlandi)

Val Masino, rifugio Scotti (Orlandi)

Val Masino, 7 dicembre 2017 -  «Siamo veramente soddisfatti del provvedimento del 30 novembre emanato dal Tar della Lombardia e relativo alla sospensione della validità dell’ordinanza emessa dal Comune di Val Masino nei mesi passati che, di fatto, chiudeva totalmente l’accesso alla valle di Sasso Bisolo e Predarossa. Ci eravamo già rivolti al Comune ad agosto per chiedere di rivedere le pesanti limitazioni al traffico stabilite dopo il ripristino del collegamento stradale avvenuto in seguito alla frana che aveva interessato un tratto di strada che precede il nostro rifugio in quel terribile 6 agosto colpì tutta la Valtellina con violenti temporali». A fare queste dichiarazioni è Gabriele Scotti dell’omonimo rifugio di Val Masino che, a suo tempo, ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo contro i provvedimenti presi dal Municipio. Provvedimenti che, probabilmente, hanno arrecato danni economici alla struttura e anche alle altre attività della bella vallata alpina del Morbegnese.

«Tuttavia, non ci è stato fornito alcun riscontro, neppure in merito alle tempistiche di ripristino totale della viabilità - aggiunge Scotti -. Nella totale incertezza di quello che avrebbe potuto accadere in futuro, siamo stati costretti a rivolgerci all’autorità giudiziaria che, dopo aver analizzato la situazione, ha ritenuto di accogliere le nostre richieste che facevano da portavoce anche ai tanti turisti che normalmente erano presenti in valle e che quest’anno hanno subito le conseguenze di un’iniqua ordinanza». Il Tar, con l’ordinanza, «fissa la trattazione di merito del ricorso con l’udienza del 9 novembre 2018». Quindi fra un anno, ma intanto i giudici specificano che la «ritenuta situazione di pericolo mal si concilia con le deroghe concesse, numerose e diversificate quanto alle categorie di beneficiari». Insomma, i clienti del rifugio non potevano raggiungerlo mentre nella zona c’era un “affollamento” di altre persone autorizzate a esserci.