Sondrio, 22 giugno 2014 - Nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, ieri, il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, ha ordinato un sacerdote e sei diaconi. Il sacerdote è Michele Benetti, sondriese di 31anni, destinato a Washington (Usa), dove ha trascorso il suo anno di diaconato.

Laureato in Fisica sotto la direzione del professor Marco Bersanelli, don Michele entra, nel settembre 2007, nel seminario della San Carlo (fraternità nata nel 1985 su ispirazione di don Luigi Giussani, fondatore di Cl). L’anno prossimo insegnerà Fisica e Teologia presso la Bishop O’Connell High School, Arlington (Va). Poter testimoniare ai ragazzi la profonda connessione tra la fede cristiana e la scienza moderna era uno dei grandi desideri del valtellinese che prova a raccontare la propria vocazione.

«Non è mai facile - spiega don Michele, nipote dell’ex sindaco Flaminio Benetti -. Non so come, ma ricordo perfettamente che un giorno preciso, dopo aver ascoltato la testimonianza del vescovo Alessandro Maggiolini sulla sua vocazione, ho detto al Signore che sarei diventato prete, come Lui mi stava chiedendo. Avevo dodici anni». Un seme della chiamata di Dio che per anni rimase nascosto nel suo cuore.

"E il seme - prosegue - ha bisogno di un’unica cosa per crescere: terra fertile. È bastato seguire ciò che ha reso fertile la mia vita: il movimento di Cl, il carisma di don Giussani. Quando, durante le superiori, incontrai un gruppo di amici di Cl, guidati da un giovane don Livio, capii di aver incontrato la carne di Cristo. Più stavo con loro e più cresceva il desiderio di vivere come loro. Allo stesso tempo, però, avevo paura di rinunciare a tutto subito, e decisi di andare a Milano a studiare Fisica. Quando incontrai l’esperienza del Clu a Milano, tutto ciò che Lui mi aveva promesso alle superiori, si andò radicalizzando sempre di più".

"Con quel gruppo di amici condividevamo tutto e tra loro c’era una ragazza di cui mi innamorai. Se da una parte capivo che un tale amore era il frutto della bellezza della nostra vita, dall’altra intuii immediatamente che non potevo diventare il suo ragazzo. Per la prima volta sentii la “gelosia di Dio”. Ora era Cristo che, in maniera del tutto inaudita, mi chiedeva di sacrificare qualcosa di buono che Lui stesso mi aveva dato per rimanergli fedele".