Livigno (Sondrio), 9 marzo 2014 - Se ne parla da trent’anni ma il vaso di Pandora sembra essere stato scoperchiato solo oggi. E finalmente in via ufficiale durante un’accesa seduta del Consiglio comunale di Livigno. Sul caso Aquagranda, il centro wellness più alto d’Europa fallito miseramente, la minoranza ha chiesto le dimissioni del sindaco e della Giunta. La società che gestiva l’impianto ha infatti dichiarato il fallimento e ha chiesto la cifra di 18 milioni di euro al Comune livignasco come indennizzo per i costi sostenuti. Per contratto, l’ente del Piccolo Tibet è obbligato a ritirare la struttura.

Una vicenda che tiene ormai banco da tempo nella fiorente località turistica dell’Alta Valle, cittadini, commercianti e operatori si interrogano su quello che é stato ma soprattuto sul destino della mega struttura che occupa un’area di 23mila metri quadri. «Ormai è assodato che si tratta di una storia iniziata male, proseguita altrettanto male e conclusa ancora peggio - spiega Sebastiano Galli, commerciante di Livigno -. I danni non sono stati causati solo da questa amministrazione, ora magari con una gestione diretta del Comune ci sarà l’opportunità di rendere il centro un punto di forza non di debolezza».

Fortemente critico tanto da giungere in Consiglio comunale con dei soldi finti distribuiti per scherzo ai membri della maggioranza è il cittadino Savio Peri: «Sembra che nessuno sia colpevole di questo disastro ma il Comune si trova a pagare il risultato di scelte vergognose - dice Peri -. Giuste le dimissioni chieste all’attuale gruppo che ci amministra, certo le colpe vanno anche rintracciate a chi ha fatto il progetto oltre 20 anni fa, i nodi vengono al pettine. Ora che si fa con le opere pubbliche importanti per il paese come l’illuminazione, l’acquedotto, verranno rimandate perché dobbiamo pagare i debiti dell’Aquagranda?».

Un’ipotesi di class-action è la proposta lanciata da Marco Rocca, titolare della Mottolino: «A questo punto è meglio prendere delle decisioni subito piuttosto che temporeggiare e correre il rischio di chiudere una struttura utile a Livigno e ritrovarsi con una delle tante cattedrali nel deserto - spiega Rocca -. Ovviamente la situazione è discutibile e andrebbero ricercate le responsabilità guardando alle origini del progetto. Ma oggi il vero problema è come andare avanti, il Comune dovrà fare altri investimenti per adeguare la struttura. Si potrebbe pensare ad un’azione sinergica, coinvolgendo gli operatori locali, penso al un centro sportivo, una pista d’atletica, un luogo insomma dove convogliare tutte le strutture del Comune per attirare più visitatori o turisti e rilanciare l’area».

di Eleonora Magro