di Michele Pusterla

Dubino, 1 giugno 2013 - «Cinque all’adozione e cinque all’approvazione. So che è poco, ma perché mi sei simpatico». In migliaia di euro queste le richieste di denaro (e le frasi che le hanno accompagnate) che il sindaco di Dubino, Stefano Barri, 44 anni, residenza a Talamona, dalla tarda serata di mercoledì in carcere a Sondrio, avrebbe chiesto all’ingegner Carlo Contessa per l’edificabilità a un terreno di suo fratello Rino (quest’ultimo imprenditore edile che si è presentato all’appuntamento a Piantedo nel parcheggio antistante il bar «Ristop» per consegnare la tangente da 5 mila euro al primo cittadino, non prima di avere informato i poliziotti della sezione di Polizia Giudiziaria della Procura che lo hanno poi arrestato per concussione).

È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, condotta dal procuratore capo Fabio Napoleone con il sostituto Giacomo Puricelli, dopo che lo scorso 14 dicembre lo stesso Carlo Contessa, indagato a suo tempo in stato di libertà nell’ambito dell’indagine sul caso-Traona e più di recente rinviato a giudizio per un presunto abuso edilizio legato alla realizzazione di un capannone, si è presentato a Palazzo di giustizia per sporgere una denuncia orale con la quale lamentava di avere ricevuto una richiesta di denaro dal sindaco Barri, nel corso di un incontro richiesto dal primo cittadino e avvenuto il giorno prima (quindi lo scorso 13 dicembre) al Tennis Club di Morbegno.

«Il sindaco - spiegava Contessa ai poliziotti che subito dopo hanno informato il magistrato, affinchè disponesse le intercettazioni telefoniche - mi informava che sarebbe stata tolta l’edificabilità a una parte dei nostri terreni in via Valeriana a Nuova Olonio, ma che lui quella stessa sera avrebbe “fatto un blitz” riguardante il terreno di mio fratello Rino, mettendo tutti i componenti della Giunta davanti al fatto compiuto dicendosi ragionevolmente certo al 90% di rendere edificabile almeno una parte di quel terreno». «Barri - disse ancora l’ingegner Contessa negli uffici del Tribunale - mi disse che avrebbe avuto contro quelle che lui chiamava le “iene”, specificando trattarsi del vice sindaco Paola Oreggioni e dell’assessore Rosa Barri. Nella circostanza il Barri aggiunse che avrebbe fatto leva sul fatto che qualora non fosse stato approvato come da lui esibito, sarebbe saltata l’approvazione dell’intero Pgt e si sarebbe bloccata l’intera attività edilizia di tutto il Comune di Dubino a partire dal 1° gennaio 2013».

Il primo cittadino, sempre secondo il racconto del denunciante, affermò che il suo sforzo andava riconosciuto e avrebbe testualmente affermato: «Almeno una decina», precisando che se i soldi non glieli avesse dati suo fratello Rino, avrebbe dovuto provvedere lui a pagarlo per «lo sforzo». Il pubblico amministratore si sarebbe accontentato - ma si sa che, paladino dell’onestà in campagna elettorale, aveva rinunciato allo stipendio di sindaco sostenendo di comprendere le difficoltà in cui oggi si dibattono le famiglie e le imprese - di un’elargizione in denaro in due comode rate: «Cinque (mila euro: ndr) all’adozione e cinque all’approvazione» del Pgt. E mentre tornavano verso l’auto, parcheggiata al Tennis Club, Barri dando una pacca sulla spalla al compaesano Carlo Contessa gli spiegava con queste parole il «trattamento» di favore che gli riservava: «So che è poco, ma è perché mi sei simpatico».

Nei mesi successivi all’approvazione del Pgt - avvenuta il 21 dicembre - il sindaco, pur incontrandoli più di una volta, non avanza più richieste di denaro. Sino al pomeriggio del 29 maggio, quando contatta telefonicamente Rino (senza sapere di avere il cellulare intercettato) chiedendogli di vederlo alle 15 di quello stesso giorno a Chiavenna, al cantiere dove lo stesso Contessa è impegnato con la sua impresa edile. L’imprenditore, supponendo che nell’incontro il sindaco voglia chiedergli la mazzetta informa subito i poliziotti. E’ allora disposta un’intercettazione ambientale d’urgenza dal cui ascolto emerge che il Barri, in effetti, rinnova la richiesta di denaro. Nella circostanza, Rino, d’accordo con gli inquirenti, finge di starci e, con addosso l’apparecchiatura idonea alla registrazione del colloquio, si reca all’appuntamento fissato alle 18.15 a Piantedo per la consegna della busta con le banconote, tutte fotocopiate. La trappola è pronta e, puntualmente, scatta.