Sondrio, 10 febbraio 2011 - Scoperte in Valtellina alcune viti con oltre un secolo di età e più resistenti ai parassiti. In seguito a una ricerca della Fondazione Fojanini di Sondrio stanno infatti emergendo risultati eccezionali che possono portare la viticoltura provinciale all’avanguardia in campo nazionale. I tecnici dell’Istituto di via Valeriana si sono infatti accorti che in alcuni vigneti, anche in zone marginali e talora sottovalutate per anni sotto il profilo enologico, sono rimasti tuttavia vitali alcuni ceppi "storici" che testimoniano come veniva effettuata la coltivazione della vite tra la fine dell’800 e i primi del ‘900.

 

Per capire il valore di questo patrimonio è stato necessario che la cultura scientifica, più in generale, incominciasse a valorizzare la cosiddetta «biodiversità», vale a dire la maggior varietà di specie, razze e cloni sia in campo animale che vegetale. Tutto ciò sta portando, ad esempio, ad allargare le conoscenze sulla fauna e la flora, prima considerate «minori» dei Parchi.

Analogamente, in agricoltura, si stanno riscoprendo coltivazioni andate perdute per disinteresse economico o per incuria, o, peggio, per mero profitto immediato. Il "boom" economico dell’ultimo dopoguerra e il fatto stesso di essere l’Italia una nazione sconfitta, ha portato ad una colonizzazione da parte dei vincitori anche in agricoltura, introducendo tecniche colturali che nulla o poco avevano a che vedere con il territorio alpino della Valtellina e della Valchiavenna.

 

Nonostante ciò, il "ridotto alpino", per usare una terminologia cara agli storici, ma che indica in maniera appropriata l’isolamento delle valli alpine, ha favorito anche la formazione di una sorta di "enclave" dove taluni viticoltori di vecchio stampo hanno mantenuto vive le piante di vite secolari, forse solo per un fatto di affezione. Spesso neanche loro sanno perché. Tuttavia - ed è quello che conta - ciò è accaduto, e così questi vitigni sono arrivati sino a noi. Il paragone più calzante è quello con i vecchi mobili della nonna, dell’epoca Liberty, andati in soffitta con la moda della fòrmica e del tèk e recuperati adesso perché ritenuti di maggior valore.

 

"I nostri vigneti - spiega Graziano Murada, direttore della Fondazione Fojanini di Sondrio - sono una delle poche realtà in Italia con caratteristiche disetanee, in quanto, all’interno del patrimonio viticolo ci sono ancora piante con un’età che si aggira sui 100 anni. Pertanto il patrimonio genetico risulta essere stato selezionato in loco, o, addirittura, in singoli paesi, frazioni e contrade".

 

Dunque - chiediamo - quello che una volta veniva considerato una sorta di guazzabuglio, oggi è invece alla base delle ricerche di biodiversità. "Certo - conferma il direttore - questa variabilità genetica è un fattore di ricchezza e non di disordine. Accanto a queste zone preservate, in altre aree, invece, 20 o 30 anni sono state tolte le vecchie piante di vite per sostituirle con nuovi impianti giudicati più produttivi".

 

Cos’è cambiato dunque negli ultimi anni? "Semplice: da quando si punta maggiormente alla qualità del vino e un po’ meno alla quantità delle produzioni che rischiavano di diventare sempre più scadenti, ci siamo resi conto che è necessario ricercare, ad esempio, delle varietà più resistenti ai parassiti e queste caratteristiche le troviamo nelle vigne vecchie. È ovvio che non pensiamo di ripiantare materiale anziano, ma la Fondazione, con una ricerca assolutamente originale e totalmente autonoma, intende creare dei cloni che siano figli di un periodo storico e di quella determinata area campione ma calati nell’attualità produttiva.

 

La ricerca è condotta da Nello Bongiolatti, che è il nostro tecnico più esperto sulle varietà viticole valtellinesi, in collaborazione con tutto lo staff che segue le varie problematiche produttive e di difesa dai parassiti. Infatti si stanno controllando tutti i vigneti, da quelli classici a quelli più marginali, nella fascia viticola tra Ardenno e Tirano. La mappatura avviene attraverso un censimento delle piante che risalgono ai periodi precedenti e succesivi alla Prima Guerra Mondiale, poi tra le due guerre e dopo la Seconda Guerra Mondiale e, infine gli anni 60 e 70.

 

Il quadro che ci attendiamo dovrebbe essere il più completo possibile per fornire elementi di conoscenza e di valutazione su quali ceppi intervenire per ottenere nuovi cloni con elevate caratteristiche qualitative ma anche di resistenza sia alle avversità atmosferiche che ai parassiti".