Il Cai non ha dubbi: «Basta cave»

Il Piano cave deve essere riesaminato: lo dice il Cai di Sondrio che polemizza con la Provincia .

Raccolta firme contro il piano cave

Raccolta firme contro il piano cave

Bianzone, 27 gennaio 2015 - "Riteniamo necessario che il Piano cave venga riesaminato, ricondotto a una severa analisi dell’impatto ambientale, ridimensionato nella sua portata a contesti di minima alterazione ambientale ridefinito sul piano del rapporto tra costi e benefici per le comunità interessate e la collettività in generale». Anche la Sezione valtellinese del Cai di Sondrio, presieduta da Flaminio Benetti, e il Gruppo Tam, hanno presentato le proprie osservazioni alla provincia di Sondrio, Settore pianificazione territoriali, inerenti le problematiche relative al Piano Cave provinciale. Osservazioni che si aggiungono a quelle presentate da enti, associazioni, Comuni e il Comitato per la tutela e la valorizzazione del piano agricolo di Bianzone, tutte fortemente critiche contro la previsione di nuove cave. «A questo punto, con la nuova legge sulle cave in discussione, la Provincia non ritiene di sospendere l’aggiornamento del piano cave basato sulla vecchia legge del 1998?» si chiede infatti Edj Polinelli, presidente del Comitato no cava nei prati del Ranèe. La Sezione di Sondrio del Cai rileva alcune problematiche sul nuovo Piano che la Provincia vuole approvare: «L’alterazione della destinazione agricola di pregio di un ampio territorio di fondo valle per almeno 10 anni; l’alterazione del substrato agricolo con conseguenze, vista la prossimità agli alvei fluviali, di aumento del rischio di dissesti idrogeologici; l’alterazione paesaggistica del fondovalle già compromessa dalla presenza di manufatti di ogni tipo». Nelle osservazioni a firma di Flaminio Benetti si tiene conto del Nuovo Bidecalogo del Cai e «nel caso in esame, si ritiene che operare con prelievi di così ampia portata rischi di pregiudicare gli equilibri idrogeologici già compromessi da interventi di alterazione ambientale che si susseguono da decine di anni». Secondo il Cai cavare inerti provocherebbe «un restringimento delle produzioni agricole, un abbrutimento del paesaggio, il rischio di abbandono del territorio e delle sue produzioni agrarie».