Val Masino, morti quattro scalatori. Traditi da maltempo e eccessiva sicurezza

Tragedia a quota 3mila. Due compagni si salvano: "E' troppo pericoloso qui, noi torniamo indietro" di Susanna Zambon

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di Susanna Zambon

Sondrio, 1 settembre 2014 - La montagna tanto amata li ha traditi e quella cima dal nome sinistro come un presagio se li è portati via tutti e quattro in pochi secondi. Epilogo di una stagione funestata da tragedie in quota che hanno colpito soprattutto non dilettanti dell’escursione, ma esperti di quelle vie rocciose affascinanti, ma troppo spesso infide. Ed esperti e pieni d’amore per quei monti erano i quattro alpinisti che ieri mattina hanno perso la vita in Val Masino, sul monte Disgrazia, a 2.900 metri, in una zona molto apprezzata dagli appassionati della montagna estiva. I quattro uomini, tutti residenti nella provincia di Monza Brianza, sono stati traditi probabilmente dal maltempo e dall’eccessiva sicurezza. In quella via, lo dicono gli esperti, la roccia è ‘cattiva’, e comunque ieri mattina non andava percorsa. Le vittime sono tre uomini di 46 anni: Giuseppe Ravanelli, di Sulbiate; Giuseppe Gritti, di Mezzago; e Mauro Mandelli, residente a Brugherio e un escursionista di 51 anni, Alberto Peruffo, di Veduggio, forse il primo della cordata a cadere trascinando nel crepaccio gli altri compagni. Peruffo lascia una moglie e due figlie, come Gritti.

Quella di ieri era una gita che non si doveva fare, probabilmente. Il gruppo era partito di buon’ora. Erano in sei — insieme alle quattro vittime c’erano anche un altro uomo e una donna — e il sindaco di Mezzago (Monza e Brianza) spiega che si stavano preparando per una scalata al monte Bianco. Nella tarda mattinata il gruppo si trovava ormai a 2.900 metri di quota, ma la situazione meteorologica era tutt’altro che favorevole alla salita. La nebbia cominciava a diventare particolarmente fitta, c’erano i primi segnali di una brutta tormenta con pioggia e nevischio.  Due della comitiva non si sono fidati, non credevano di poter proseguire in sicurezza nell’escursione programmata con gli amici: l’uomo e la donna hanno deciso di tornare indietro, e così, per una manciata di attimi, si sono salvati la vita. Hanno infatti deciso di sganciarsi dalla comitiva e si sono messi sulla via del ritorno. «Noi rinunciamo. Torniamo indietro,scendiamo a valle. State molto attenti», le parole che hanno detto agli amici che proseguivano l’escursione. Dopo solo pochi minuti, la tragedia. I due, che si trovavano a poche decine di metri di distanza, hanno sentito le urla strazianti degli amici e hanno capito che era accaduto il peggio. Sono tornati indietro ma i loro compagni di escursione non c’erano più, risucchiati dal vuoto.

I quattro uomini stavano procedendo legati a due a due. Impossibile, al momento, capire cosa sia accaduto con precisione a Peruffo: un piede in fallo, un malore, una distrazione. Fatto sta che gli alpinisti, nonostante la loro esperienza (facevano tutti parte del Club alpino italiano di Sulbiate, Brianza) sono scivolati e caduti per decine e decine di metri finendo nel crepaccio Schelotto. I due amici hanno subito intuito la gravità della situazione e sono corsi verso il rifugio più vicino, il ‘Ponti’, per lanciare l’allarme. Il bivacco, però, era chiuso, e la coppia è scesa quindi ancora di più fino a raggiungere una zona in cui i telefoni cellulari che avevano con loro potessero trovare campo. Per i quattro alpinisti, però, era già troppo tardi. E le condizioni meteorologiche non hanno certo aiutato il recupero dei corpi. Si è alzato in volo l’elicottero del 118, che però non riusciva a raggiungere la zona dell’incidente a causa del maltempo. Sul posto sono anche intervenuti i militari del Soccorso alpino della Guardia di Finanza e i tecnici del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, che hanno raggiunto i quattro alpinisti e non hanno potuto fare altro che constatare il decesso, nonostante uno di loro, almeno inizialmente, desse segni di vita. Le salme sono state ricomposte presso la Camera mortuaria dell’ospedale di Morbegno. «Conosco bene la famiglia di Gritti, hanno sempre partecipato alle iniziative di paese, lui era impiegato Atm (l’azienda dei trasporti milanesi, ndr) — ricorda il sindaco di Mezzago (Monza e Brianza), Giorgio Monti — erano in preparazione per andare sul Bianco, tutti esperti che facevano montagna da un bel po’. Ravanelli — ha aggiunto il sindaco — era stato anche presidente del Cai di Sulbiate. Siamo addolorati per questa disgrazia, soprattutto per le mogli e i figli di queste persone». A ricordare Peruffo è don Naborre Nava, ex parroco di Veduggio Con Colzano (Monza), dove l’aplpinista è cresciuto: «Era una persona di cuore, aiutava in chiesa e in parrocchia. Si preparava per il diaconato. L’ho sposato io».