Operaio morì cadendo in cantiere, chiesto il rinvio a giudizio per tre persone

Roberto Veloce, operaio di 42 anni residente a Milano, padre di 5 figli, morì sul colpo inciampando all’indietro e battendo la testa su un cumulo di macerie. La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per tre persone

Incidente mortale nel cantiere di Cormano (Spf)

Incidente mortale nel cantiere di Cormano (Spf)

Cormano, 30 agosto 2014 - Poco più di un anno fa, nel cantiere dove lavorava, Roberto Veloce, operaio di 42 anni residente a Milano, padre di 5 figli, morì sul colpo inciampando all’indietro e battendo la testa su un cumulo di macerie. Per quell’infortunio mortale rischiano ora il processo, con l’accusa di omicidio colposo, la responsabile dell’azienda che stava eseguendo i lavori di demolizione di una palazzina, il direttore tecnico e il coordinatore della sicurezza. 

La Procura di Milano, infatti, ha chiesto il rinvio a giudizio per Franca Cargnelutti, legale rappresentante della Fran Car srl e datore di lavoro della vittima, per Luca Cargnelutti, direttore tecnico del cantiere, e per Vittorio Chiappa, coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori. L’incidente era avvenuto all’interno del maxi cantiere sulle aree ex Standard Thermos - lungo la linea delle Ferrovie Nord, in via Galileo Galilei, al confine tra Cormano e Cusano Milanino - dove era in corso l’abbattimento della vecchia palazzina uffici.

La mattina del 5 giugno 2013, l’operaio stava assistendo un compagno di lavoro che, con l’ausilio di un braccio meccanico, era impegnato nella demolizione. «Mi sono girato e l’ho visto in terra, tra le macerie - aveva raccontato il collega -. Ho fermato tutto e sono sceso a soccorrerlo, ma non c’era più nulla da fare». Secondo l’imputazione formulata dal pm Ferdinando Esposito, cadde «battendo mortalmente la testa mentre era intento alle operazioni di bagnatura delle macerie della palazzina la cui demolizione era in corso». L’uomo, infatti, «camminando all’indietro proprio sul cumulo di macerie, inciampava e cadeva con la testa all’indietro andando a sbattere violentemente la base del cranio sui detriti».

I tre accusati, secondo la Procura, non avrebbero rispettato le norme «poste a tutela della prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro». In particolare, secondo il pm, il responsabile della sicurezza non avrebbe verificato «l’idoneità della procedura di bagnatura delle macerie» e il direttore tecnico avrebbe «negligentemente permesso che il lavoratore operasse sul cumulo di macerie».

La moglie del lavoratore si è costituita parte civile nel procedimento, assistita dal legale Alessandra Silvestri. Ora spetterà al gup, in udienza preliminare (la data è ancora da fissare), decidere se mandare o meno a processo gli imputati.