Sesto San Giovanni, 13 agosto 2013 - «Se il futuro ti spaventa non puoi più farci niente, ormai è qui. Noi siamo così, generazione elettronicaaaa». Se si pensa che si era ad inizio anni Ottanta, fa quasi tenerezza. Che i Kraftwerk erano distanti un migliaio di chilometri, figurarsi certe sperimentazioni legate ai sintetizzatori. Eppure… Eppure in un mercato italiano comunque saturo di cantautori e belle voci, qualcosa si stava muovendo. Merito di fenomeni diversamente seminali (su tutti i CCCP). Merito di gente come Alberto Camerini, trent’anni avanti rispetto a un paese che già stava andando in massa verso un pop leggero leggero, adeguato alla Milano da bere. Anni strani. Con il reddito pro capite che supera quello inglese e il riflusso nero dell’impegno politico; l’Italia mundial e l’eroina; certe avanguardie che ancora spiazzano e la superficialità di pensiero. «Ma la musica degli Anni Ottanta è fortunata - racconta Camerini - si sposa bene con Youtube, con le mode che ci sono adesso, perfino con i più bei festival estivi inglesi. Perché è legata all’elettronica, ai beat, al fatto che la gente voglia ballare».

Non si esce vivi dagli anni ’80 (come cantavano gli Afterhours). Ma nonostante gli alti e bassi di una vita, qualcuno ce l’ha fatta. E così Camerini lo si incrocia ancora sui palcoscenici. Come a Ferragosto, al Carroponte di Sesto San Giovanni. Lui a intrattenere i milanesi che sognano il mare, fra vecchie hit e le canzoni degli ultimi album più punk, come «Kids Wanna Rock» del 2005. Sessant’anni e qualcosa alle spalle, l’«arlecchino» dinoccolato è (ovviamente) cresciuto. Parla con passione della musica e altrettanto dei figli. Ma la voglia di salire sul palco è sempre quella. «L’entusiasmo non mi manca mai. E poi quest’estate è andata bene, non posso lamentarmi. Anche perché visti i tempi di crisi ho fatto come i cinesi, ho abbassato i prezzi e mi hanno chiamato in tanti…». Gli anni d’oro delle hit firmate con Roberto Colombo sono lontanucci. Ma si è sempre lì, a «Serenella», «Rock’n’roll robot», «Tanz bambolina».

«Eravamo sintonizzati su quello che succedeva in giro per il mondo, abbiamo portato in Italia un linguaggio internazionale e contemporaneo», sottolinea. Già. Arrivò perfino un Sanremo, ma forse era meglio di no. Ora tutto ha (ri)preso una propria forma. E Camerini è passato da David Bowie a Giorgio Gaber. «Tra un brano e l’altro racconto la storia di Arlecchino - conclude - come un canovaccio fra quella decina di pezzi che la gente ha voglia di cantare insieme. Diciamo che più che teatro sono delle specie di presentazioni alla Gaber». Da vedere. E ballare.

Il 15 agosto alle 21.30 al Carroponte di via Granelli 1 a Sesto. Ingresso gratuito.