Da Bresso all'Isis: Amhed, tranquillo ed educato ma terrorista

I datori di lavoro descrivono il foreign fighter di Bresso. Unica fonte di disagio? Non aveva pagato qualche rata delle spese condominiali

Video Isis

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In un anno e mezzo cinquanta soggetti espulsi, arrestati o indagati perché sospettati di terrorismo. Dalla provincia di Milano a quella di Varese, da Lecco a Brescia, l’elenco lombardo dei foreign fighters, jihadisti o aspiranti tali incornicia un fenomeno allarmante e variegato: c’è chi ha scelto di lasciare l’Italia e andare a combattere per il Califfato e chi invece progettava attentati nelle nostre città. Uomini e donne giovani, non per forza di origine araba, quasi sempre inseriti dignitosamente nel contesto sociale di riferimento, indottrinati in poco tempo al fondamentalismo, senza destare grossi sospetti. Proprio come nel caso di Taskour Amhed, il bravo lavoratore marocchino partito da Bresso per imbracciare il mitra dell’Isis, insieme al figlio di 10 anni. 

Milano, 20 novembre 2016 - «Sul lavoro Amhed non aveva mai dato alcun problema. Era sempre in orario, eseguiva con zelo i propri incarichi nei condominii dove lo mandavamo a pulire. Non era violento, non aveva mai avuto nemmeno una discussione con nessuno e con i colleghi andava d’accordo. Siamo rimasti sbalorditi». Così i datori di lavoro descrivono Amhed Taskour, individuato in Iraq in quanto destinatario di un mandato di cattura internazionale come presunto reclutatore dell’Isis. Poco prima di sparire nel nulla alla fine del 2014 «aveva chiesto la liquidazione – raccontano ancora dalla ditta di pulizie di San Giuliano Milanese – meno di 5mila euro accumulati in 7 anni. Ma non ci siamo insospettiti, sono cose che capitano».

Dopo le vacanze di Natale di due anni fa però il marocchino Taskour, 47 anni, ritira anche i bambini da scuola, la femmina nata nel 2005 dalle medie e il bimbo del 2011 dalle elementari. Accade a Bresso, dove il foreign fighter viveva dal 1998 con la moglie connazionale in via Bologna, in un alloggio Aler regolarmente assegnato dove qualche vicino ricorda come unica fonte di disagio il fatto che Taskour non avesse pagato qualche rata delle spese condominiali. Altrimenti viene descritto da tutti come «una persona tranquilla» – al pari dei palazzi di mattoncini rossi dove risiedeva – «molto educato, schivo, mai una parola scambiata con nessuno» e, anche qui, «mai un problema». Unico tratto distintivo: la barba lunga e gli abiti da musulmano. Nessuno dei vicini ha mai conosciuto il suo passato né quasi la sua voce.

Voce invece squillante quella del figlio maschio di Taskour, che a 10 anni scandisce con decisione slogan e proclami in arabo: «Mi congratulo con i nostri fratelli musulmani e con i soldati del Califfato in Francia e per questa operazione benedetta – dice – per voi crociati questo è l’inizio della pioggia. I nostri soldati, sono loro che vinceranno». A parlare, in un video diffuso dall’Isis all’indomani degli attentati di Parigi del novembre 2015, è proprio Adderrahmane, baby reclutato nelle fila del califfo Al Baghdadi.

Prima di prendere il volo Taskour era «perfettamente integrato» anche secondo quanto risulta a Ugo Vecchiarelli, sindaco di 26mila bressesi con l’11 per cento di immigrati residenti, in particolare egiziani e romeni: «Era una mosca bianca, non solo in quanto marocchino. Non era neppure particolarmente credente e non mi risulta che frequentasse moschee».