Città della Salute, riprende la corsa a ostacoli con le bonifiche ormai finite

La lunga storia per la realizzazione del maxi polo sanitario sulle aree ex Falck

I lavori nelle aree ex Falck

I lavori nelle aree ex Falck

Sesto San Giovanni (Milano), 24 febbraio 2017 - "E' incredibile che una sentenza del genere arrivi dopo due anni dall'aggiudicazione della gara". Non c'è pace per la Città della Salute e della Ricerca. E nemmeno per il sindaco Monica Chittò che, in questi cinque anni, ne ha viste di tutti i colori. La realizzazione del maxi polo sanitario, dove troveranno casa Neurologico Besta e Istituto dei tumori sulle ex Falck, è diventata una corsa ad ostacoli. Superato un paletto, sembra non esserci nemmeno il tempo di festeggiare, perché un altro si frappone al traguardo.

Uno degli ultimi ostacoli che appare ormai superato è il risanamento dei terreni ex industriali: la Città Metropolitana ha rilasciato i primi certificati di avvenuta bonifica e, nelle prossime settimane, dovrebbe concretizzarsi la cessione dell'area, dal Comune alla Regione. "Si procede per lotti, è ormai questione di poco" ha sottolineato il sindaco Chittò, che proprio ieri sera era impegnata in un convegno, organizzato dal Pd cittadino, sulla Città della Salute e della Ricerca e sulle prospettive per il rilancio di tutte le aree dismesse ex Falck. "Questo è un progetto che non nasce dal niente - ha sottolineato Chittò - ma dall'esigenza di due eccellenze, il Neurologico Besta e l'Istituto dei tumori, di sedi adeguate: attendono risposta da troppo tempo". 

Era l'aprile del 2015 quando Roberto Formigoni annunciò di aver abbandonato definitivamente la localizzazione del polo di cura e ricerca sulle aree adiacenti al Sacco, a favore delle ex Falck. Il primo ostacolo furono i contrasti con il Comune di Milano, che fece di tutto per non farsi "scippare" i due istituti. Poi vennero le perplessità della Lega Nord, che portarono il neo-governatore Maroni a rivalutare la decisione presa. Superato quell'ostacolo, fu la volta della gara d'appalto, congelata per lo scandalo degli appalti pubblici, oggetto poi di ricorsi e contro ricorsi. Non andava meglio sul fronte bonifiche: dopo l'avvio in pompa magna dei lavori, le procedure per la "pulizia" dell'area subì una brusca frenata. Colpa della qualità dei terreni che, sottoposti a lavaggio, creavano fanghi impossibili da smaltire secondo il progetto approvato dal Ministero. Le osservazioni sull'incongruità delle procedure, sollevate dalla Città Metropolitana, portarono a una rivisitazione complessiva, che richiese un nuovo benestare romano. Insomma: tra polemiche, inchieste, iter farraginosi, incovenienti e imprevisti, la linea d'arrivo si è spostata sempre più avanti. Così, se le prime ipotesi, parlavano di fine lavori nel 2017, l'ultimo cronoprogramma l'attestava nel 2020. Salvo nuovi rinvii.