Bresso e il foreign fighter in casa: "Si tratta solo di un caso estremo"

Il sindaco: "Era integrato". De Corato: "Ma quale mosca bianca"

Il sindaco Ugo Vecchiarelli invita a «non generalizzare»

Il sindaco Ugo Vecchiarelli invita a «non generalizzare»

Bresso (Milano), 19 novembre 2016 - Dall'acqua sul fuoco del sindaco di Bresso Ugo Vecchiarelli alla richiesta di un pool che indaghi nelle moschee del deputato leghista Paolo Grimoldi, alla preoccupazione del capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale in Regione Riccardo de Corato per il numero di jihadisti in Lombardia. Le reazioni all’individuazione in Iraq di Hamed Tascour partono dal suo identikit tracciato dal primo cittadino bressese: «Tascour risiedeva a Bresso dal 1998, aveva due figli nati a Milano, la femmina nel 2001 e il maschio nel 2015, e moglie marocchina. Lavorava per un’impresa di pulizie da molti anni, era incensurato, viveva una vita assolutamente normale, dal 2005 abitava in una casa dell’Aler dove pagava regolarmente l’affitto».

Le indagini partono immediate dopo il primo sbandamento rispetto a quella vita tanto regolare: «Alla fine delle vacanze di Natale del 2014 – ricostruisce il sindaco – la femmina non rientra alle medie e il maschio alle elementari. La scuola scrive al Comune e per conoscenza ai carabinieri, che aprono subito un fascicolo. Si scopre così che Tascour ha chiesto al datore di lavoro il trattamento di fine rapporto». Poi nulla, fino alle notizie di ieri dalle agenzie di stampa: «Come è giusto che sia, perché il lavoro della Procura deve rimanere riservato», afferma Vecchiarelli. Che invita alla prudenza in una Bresso dove su 26mila residenti l’11 per cento è costituito da immigrati, in testa gli egiziani seguiti dai romeni: «Qui i marocchini sono una rarità, quello di Tascour è un caso estremo. È sacrosanto che la sicurezza sia garantita come la fiducia nelle forze dell’ordine – avverte – ma non bisogna generalizzare».

Che Tascour fosse «perfettamente integrato» e invece «neppure particolarmente praticante, non frequentava moschee che peraltro qui neanche ci sono», poco importa a Paolo Grimoldi, segretario lombardo della Lega: «Non basta arrestare o espellere i radicalizzati, bisogna risalire anche ai loro cattivi maestri. In quest’ultimo mese è il terzo soggetto radicalizzato individuato in Lombardia dove, nell’ultimo anno e mezzo, ci sono stati più di 50 espulsi o arrestati. Tutti apparentemente integrati, molti con lavoro regolare o casa. A questo punto la domanda è: chi ha indottrinato Tascour e tutti gli altri? Che moschee frequentavano? I sermoni di quale imam ascoltavano? Assodato che la Lombardia è l’epicentro di jihadisti e foreign fighter, avendo un numero elevatissimo di moschee e oltre 80 associazioni islamiche riconosciute, è necessario un salto di qualità: alla Procura di Milano serve un apposito pool anti terrorismo che si concentri solo sulle moschee e sui centri culturali islamici, su chi frequenta questi luoghi, su chi sono gli imam, su chi sono i finanziatori. Il ministro Alfano, che domani (oggi, ndr) sarà a Milano, ascolti questa nostra proposta».

Punta il dito anche il già vicesindaco di Milano Riccardo De Corato: «La lista di foreign fighter e di islamici accusati di terrorismo che vivevano in Lombardia diventa sempre più preoccupante. Hamed Tascour non è una mosca bianca. In Lombardia c’è un grosso problema di sicurezza legato al terrorismo islamico che il Governo sta sottovalutando. Alfano viene a Milano: mi auguro che non parli solo di dove sistemare gli immigrati, ma anche di come risolvere un problema che in Lombardia si allarga ogni giorno».