Sesto San Giovanni, 8 maggio 2014 - Al secondo processo Pirelli ci sarà anche il Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio: il giudice Annamaria Gatto lo ha ammesso come parte civile. Sarà rappresentato dall’avvocato Laura Mara, insieme a Medicina democratica e Associazione italiana esposti amianto. Parti civili al pari di Regione, Asl e Camera del lavoro metropolitana.

«Ci è stata riconosciuta la legittimità fra i malumori della difesa, che aveva chiesto l’esclusione di tutte le parti civili e in particolare del nostro Comitato», spiega il presidente Michele Michelino.

Il dibattimento può così entrare nel vivo, dopo l’unificazione dei processi 2 e 3 in un unico procedimento contro dieci dirigenti Pirelli imputati di omicidio colposo e lesioni gravi ai danni di decine di operai che negli anni Ottanta lavoravano negli stabilimenti di viale Sarca o via Ripamonti e che sono morti per mesotelioma pleurico o si sono ammalati di tumore. Per l’accusa i dirigenti sapevano che l’amianto avrebbe causato danni ma nulla hanno fatto per impedire malattie e morti.

«Prima della lettura dell’ordinanza, l’Inail è stata la prima istituzione a comunicare al giudice di aver raggiunto un accordo e di ritirare la costituzione di parte civile — rimarca Michelino — E dopo gli avvocati difensori dei dirigenti Pirelli hanno comunicato al giudice di aver aperto trattative con alcune parti lese e parti civili per risarcirle e farle uscire dal processo».

Una strada che il Comitato non intende percorrere: «Anche se la Pirelli ha già cominciato a spendere milioni per risarcire le parti offese o quelle civili e farle così uscire dal processo, le associazioni Medicina democratica, l’Associazione italiana esposti amianto, e il nostro Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio, che da sempre lottano contro chi vuole monetizzare la salute e la vita umana, non accetteranno alcun risarcimento ma si batteranno fino alla fine del processo esigendo, nel caso fossero ritenuti colpevoli, una severa condanna dei dirigenti, che serva da monito per il futuro».
patrizia.longo@ilgiorno.net