Sesto San Giovanni, 10 aprile 2014 - Ci sono volute innumerevoli denunce, anni di indagini giudiziarie. Ma ieri mattina la battaglia condotta dai familiari e dai colleghi dei lavoratori ex Breda, morti o che hanno subito gravi malattie per colpa dell’amianto, hanno portato a un risultato, seppure forse tardivo: al tribunale di Milano il sostituto procuratore Nicola Balice ha chiesto il rinvio a giudizio per dodici dirigenti che facevano parte del consiglio di amministrazione della Breda Termomeccanica (successivamente diventata Ansaldo), per la morte di 11 lavoratori e lesioni gravissime nei confronti di un altro, a seguito di mesotelioma pleurico. L’accusa formulata dal pm è di omicidio colposo, «colpa negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle leggi, omettendo di adottore nella direzione e nell’esercizio dell’impresa, le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori operanti all’interno dei capannoni nei reparti produttivi Convenzionale e Nucleare».

In particolare i dirigenti sono accusati di aver omesso le misure di sicurezza «in presenza di lavorazioni insalubri che comportavano esposizione sia diretta che indiretta all’inalazione di polveri e fibre di amianto, usato in tutte le fasi delle lavorazioni a caldo quale coibente termico e impiegato addirittura quale giaciglio su cui riposavano tra un turno e l’altro».

Inoltre sono accusati di non aver informato i lavoratori «circa i rischi esistenti già conosciuti dalla direzione» e di non aver fornito ai lavoratori mezzi di protezione individuali e collettivi. Secondo il pm le morti sono certamente riconducibili a inalazione di fibre di amianto subite nel periodo 1973-1985. All’udienza preliminare di ieri mattina, si sono presentati come parte civile alcuni dei familiari dei lavoratori morti, l’Inail, la Regione Lombardia, Medicina Democratica e il Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro.

Il giudice ha rinviato ogni decisione all’udienza del 9 maggio. «I tempi lunghi della “giustizia” — ha rimarcato il presidente del Comitato, Michele Michelino — vanificano spesso il bisogno di verità e risarcimento per le vittime, e anche in caso di condanna degli imputati, la “giustizia”, quando arriva, è tardiva: la prescrizione concede l’impunità».
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