Paderno Dugnano, 15 dicembre 2013 - «Abbiamo le spalle larghe, continueremo a lavorare per la legalità». Così il sindaco Marco Alparone ha commentato, a margine dell’inaugurazione di un nuovo centro diurno per disabili, la notizia del giorno: una vigilessa ai domiciliari perché avrebbe verificato, tramite il database a disposizione delle forze dell’ordine, alcune targhe indicate dall’ex cognato, presunto mafioso di Campobello di Mazara, nel Trapanese.

«Dopo il consigliere comunale che affittava il centro Falcone Borsellino alla ’ndrangheta, dopo l’illuminato imprenditore che è riuscito a far fallire due grandi aziende, non ci stupisce più nulla — continua Alparone — Fermi come lo siamo sempre stati, anche in questo caso abbiamo subito preso provvedimenti: l’agente è stato sospeso così come il centro Falcone e Borsellino era stato chiuso».

Diversi a Paderno anche i beni confiscati, fra cui due strutture ora affidate al Cai di via Delle rose e alla Cooperativa Duepuntiacapo che proprio ieri ha inaugurato un nuovo centro in via Ugo la Malfa. «La vecchia struttura di via Curiel resterà attiva — spiega il direttore Danilo Corona — È un grande appartamento confiscato, ci sembra fondamentale utilizzarlo. Là, oltre al quotidiano lavoro con i disabili, abbiamo organizzato diversi incontri con gli studenti, appoggiandoci all’associazione Libera per raccontare loro da dove quello spazio arrivava». Era di Biagio Crisafulli, detto Dentino, «famigghia» siciliana, legami con le ’ndrine. È stato confiscato nel 1999. «Dopo tante notizie negative — continua il sindaco — per me oggi è come se fosse Natale nel vedere un nuovo centro rinato».

Domani sarà il Consiglio comunale a interrogarsi sulla vigilessa. «Purtroppo non è un fatto isolato ma segue altri episodi e i due attentati alla Polizia locale — incalza Mauro Anelli, PdCi — Il territorio ha bisogno di far chiarezza e di una commissione che entri più nel merito». Intanto martedì il giudice deciderà se convalidare o meno l’arresto di Antonella Montagnini: lavorava nel Comando di via Buozzi dagli anni Ottanta, stimata per la sua professionalità e gentilezza. Non è accusata di associazioni mafiosa ma le si contesta la violazione dell’articolo 615 ter del Codice penale: accesso abusivo a un sistema informatico o telematico.